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Dic

Il rito della bruciatura del pallone

La Basilica di Santo Stefano di Sesto San Giovanni ha festeggiato anche quest’anno, il 26 dicembre, il suo Santo Patrono.

E, come di consueto, alla Messa delle 11,30 si è svolto il simpatico rito della bruciatura del pallone, atto simbolico che richiama il martirio del Diacono Stefano.

Una tradizione che ha radici antiche.

Si tratta di una cerimonia semplice e suggestiva al tempo stesso, ove la palla di fuoco “sospesa” a mezz’aria brucia fino ad esaurirsi completamente, fra lo stupore dei presenti.

Folta la partecipazione all’evento da parte dei fedeli ma anche di tante altre persone, giovani e meno giovani che non intendono perdersi lo “spettacolo”, percepito forse soltanto come rito propiziatorio per un (positivo) nuovo anno.

Ma la palla di fuoco che brucia vuole invece rappresentare il “faro” della cristianità e della “santità” in onore del primo martire cristiano.

Dagli Atti degli Apostoli:

Nel 33 o 34 ca. gli ebrei ellenistici vedendo il gran numero di convertiti sobillarono il popolo e accusarono Stefano di blasfemie e bestemmie contro Mosè e contro Dio. Gli anziani e gli scribi lo catturarono, lo portarono davanti al sinedrio e utilizzando falsi testimoni fu accusato: “Costui non cessa di proferire parole contro questo luogo sacro e contro la legge. Lo abbiamo udito dichiarare che Gesù il Nazareno, distruggerà questo luogo e cambierà le usanze che Mosè ci ha tramandato”. Stefano incalzato dalle domande del sommo sacerdote rispose con un lungo discorso, il più lungo degli Atti degli Apostoli in cui ripercorse la Sacra Scrittura dove si testimoniava che il Signore aveva preparato per mezzo dei patriarchi e profeti, l’avvento del Giusto, ma gli Ebrei avevano risposto sempre con durezza di cuore. Poi, rivolgendosi ai sacerdoti del sinedrio concluse: “O gente testarda e pagana nel cuore e negli orecchi, voi sempre opponete resistenza allo Spirito Santo; come i vostri padri, così anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete divenuti traditori e uccisori; voi che avete ricevuto la Legge per mano degli angeli e non l’avete osservata”. Infine Stefano alzando gli occhi al cielo disse: “Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo, che sta alla destra di Dio”. L’odio e il rancore dei presenti raggiunse l’apice, trascinarono Stefano fuori dal sinedrio e cominciarono a lapidarlo, all’esecuzione assisteva un giovane di nome Saulo, il futuro Apostolo delle genti, San Paolo. In realtà non fu un’esecuzione, in quanto il sinedrio non aveva il potere di emetterne, ma fu un vero e proprio linciaggio della folla in cui cominciava a crescere il sentimento anticristiano. Poco prima di morire il Diacono ebbe la forza di pregare il Signore, non per sé, ma per i suoi aguzzini. Gli Atti degli Apostoli narrano che alcune pie persone seppellirono il martire, per non lasciarlo preda delle bestie selvagge com’era allora consuetudine, in quei giorni cominciò una serrata repressione anticristiana capitanata proprio da Saulo. Dopo la morte di Stefano, le sue reliquie entrarono nella leggenda. Il 3 Dicembre 415 un sacerdote di nome Luciano ebbe in sogno una visione che indicò il luogo di sepoltura di Santo Stefano, riuscì ad avere il permesso per gli scavi dal Vescovo di Gerusalemme e trovò realmente i resti. La notizia ebbe grande risalto nel mondo Cristiano di recente liberato dalla clandestinità e cominciò la diffusione delle Sue reliquie, fu traslato nella Chiesa di Sion a Gerusalemme il 26 Dicembre 415. La proliferazione delle reliquie testimonia il grande culto tributatogli già allora e anche prima del ritrovamento, si conta che nel V secolo si contavano solo a Roma almeno una trentina di Chiese sorse in suo onore.

 

Foto di repertorio: un momento del rito della bruciatura del pallone nella Basilica di Santo Stefano a Sesto San Giovanni (Milano) del 26 dicembre 2010.

Foto di Lorenzo Bove  


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