28
Lug

Un giro in Basilicata tra arte e borghi antichi.

Mi sono avventurato con mia moglie, nei giorni scorsi, alla ricerca della Basilicata Antica, della Storia e dell’Archeologia, in una terra i cui uomini risultano affini per cultura alla gente di Puglia.

VENOSA (la città di Orazio)

Sorge su uno sperone di origine vulcanica, a valle del monte Vulture; cittadina dalle antiche origini e dagli illustri testimoni, fonte di grande fascino per le lunghe vicende storiche che l’hanno segnata e per i suoi monumenti densi di mistero. Secoli di storia, racchiusi in uno splendido borgo, patria del grande Orazio, uno dei maggiori poeti dell’epoca romana, e di Carlo Gesualdo Principe di Venosa del periodo rinascimentale. “Città del vino” per la produzione del noto “Aglianico”, Venosa è annoverata tra i “Borghi più belli d’Italia”.

L’itinerario archeologico

Si parte dal “Parco Archeologico” dove sono visibili le terme, la”domus”, il complesso episcopale e i resti dell’Anfiteatro, testimonianza di una continua occupazione dalla fase repubblicana romana all’età medioevale inoltrata. Accanto al parco archeologico si sviluppa il “complesso della SS. Trinità”, uno tra i più interessanti monumenti dell’Italia meridionale che ospita la tomba di Roberto il Guiscardo, dei suoi fratelli e della prima moglie Aberada. La chiesa vecchia, sorta in età paleocristiana su tempio pagano e ampliata a partire dell’ultimo quarto dell’XI secolo con la chiesa nuova – rimasta incompiuta – è un capolavoro dell’architettura benedettina. Nelle vicinanze, si trovano le Catacombe ebraico-cristiane, scoperte nel 1853, ma già conosciute nel IX secolo, articolate in vari nuclei di notevole interesse storico e archeologico. Infine a nove chilometri dall’abitato, è possibile visitare il Sito Paleolitico di Notarchirico, costituito da un’area museale coperta con numerose testimonianze della presenza umana in epoca preistorica e, sulla strada di ritorno verso la città, la Tomba di Marco Claudio Marcello.

L’itinerario storico religioso

La Venosa antica comincia dalla fontana angioina o dei “Pilieri”, antica porta cittadina da cui si raggiunge il maestoso “Castello Ducale Pirro del Balzo”, che ospita il Museo Archeologico Nazionale con reperti dell’epoca pre-romana fino al tardo impero e ai normanni. Da lì, si può proseguire verso le “antiche fornaci” per giungere alla fontana detta la “Romanesca” e risalire poi fino alla Piazza Orazio Flacco, che ospita il monumento al poeta latino. A seguire “Palazzo Calvini” e la Cattedrale di S. Andrea per arrivare, infine, a quella che la tradizione indica come la “Casa di Orazio”.

MELFI (la città delle Costituzioni)

Cittadina medioevale, nota per essere stata la sede amministrativa dell’imperatore Federico II di Svevia, da cui emanò le famose Costituzioni, si erge maestosa su di una collina raccolta da una cinta muraria unica nell’Italia meridionale.

L’abitato è dominato dal bellissimo Castello normanno-svevo, risultato di interventi a più riprese nel corso dei secoli. Costruito dapprima dai normanni, fu ampliato da Federico II di Svevia; Carlo D’Angiò vi aggiunse poi alcune torri, quindi i Caracciolo e poi i Doria lasciarono la loro impronta. L’ingresso attuale del castello, che si apre sulla città sul versante orientale, era dotato i ponte levatoio. Le torri sono dieci, di cui sette rettangolari e tre pentagonali. Nel corpo centrale è stato istituito il “Museo Archeologico Nazionale del Vulture Melfese” con ricca collezione di reperti rinvenuti nell’area del Vulture. Di rilievo lo stupendo sarcofago del II secolo d.C., ritrovato a Rapolla nel 1866.

Nel borgo

Dalla “Porta Venosina”, una delle sei porte di Melfi ancora esistenti, è possibile ammirare una piccola parte delle antiche mura della città e l’affascinante panorama del Vulture. Dell’edificio normanno della Cattedrale dedicata all’Assunta, edificato nel 1153, è rimasto solo il campanile, mentre il corpo dell’edificio fu quasi interamente rifatto nel XVIII secolo in stile barocco. Accanto alla Cattedrale il monumentale complesso del “Palazzo Vescovile”, uno dei più belli d’Italia, opera del secolo XVIII.

Nei dintorni

A circa tre chilometri da Melfi, si trova la “Cripta di Santa Margherita”, la più importante chiesa rupestre del melfese, interamente scavata nel tufo, risalente al XIII secolo. L’interno della grotta è ricoperto di affreschi dove misticità ed arte si fondono nella rappresentazione di una moltitudine di santi raffigurati in stile bizantino e in stile catalano. Sulla parete dell’altare centrale un ciclo di pitture racconta la vita e il martirio di Santa Margherita. La bellezza e la ricchezza delle pitture rupestri all’interno della cripta trovano il loro punto focale in un dipinto alquanto particolare, “Il monito dei morti”, dove tre personaggi dividono la parete con due scheletri minuziosamente ritratti in una “danza macabra”, una sorta di “monito ai vivi” riguardo al loro inesorabile destino. Solo di recente, dopo diverse ipotesi, gli studiosi hanno stabilito l’identità di quelle figure che sembra rappresentino l’Imperatore Federico II con il figlio Corradino e la sua terza moglie, Isabella d’Inghilterra.

Ulteriori visite interessanti in zona a RIONERO, città delle famose “acque minerali”, ed ai Laghi di Monticchio.

ACERENZA (la città “Cattedrale”)

Posta su una rupe di olre 800 metrinell’alta valle del Bradano, viene definita “Città Cattedrale” poiché si raccoglie intorno al suo splendido Duomo, simbolo della cittadina e monumento dichiarato di interesse nazionale. Le sue origini sono antichissime, dal neolitico fino all’epoca romana, attraverso la dominazione dei Goti, Longobardi e Bizantini. Nel 1059 durante il Concilio di Melfi, il vescovo Godano fu insignito della dignità di arcivescovo metropolita con giurisdizione su tutta l’antica Lucania, avendo posto i buoni uffici tra i Normanni e il Papato. L’Arcivescovo Arnaldo poi con i finanziamenti di Roberto il Guiscardo fece erigere la maestosa Cattedrale. Fu governata in successione da svevi, angioini, aragonesi per divenire infine cittadina feudale. Il centro medioevale è stato inserito tra i “Borghi più belli d’Italia”. Acerenza è anche “Città del vino” per la produzione del’ottimo vino Aglianico del Vulture.

La Cattedrale, simbolo della città

La Cattedrale, dedicata a S. Maria Assunta e a S. Canio, è uno dei monumenti più importanti della Basilicata. Fu costruita nell’undicesimo secolo sull’area della chiesa paleocristiana, a sua volta sorta su un tempio pagano dedicato a Ercole Acheruntino. La realizzazione voluta dall’arcivescovo Arnaldo già abate dell’abbazia di Cluny fu costruita sotto la direzione di architetti francesi che si ispirarono al monastero benedettino francese. Nella cripta, realizzata sotto il presbitero nel 1524, uno degli esempi più interessanti del Rinascimento nel Mezzogiorno d’Italia, si conserva un pregevole sarcofago dei conti Ferillo, un’antica acquasantiera e gli affreschi cinquecenteschi attribuiti a Giovanni Todisco di Abriola.

Il borgo

Il caratteristico centro storico conserva quasi intatta la struttura medioevale fatta di viuzze che si intersecano tra loro. A fianco della Cattedrale si può ammirare il palazzo cinquecentesco, ex sede della Pretura e , lungo i vicoli del borgo, diversi palazzi gentilizi settecenteschi con portali in pietra che riportano spesso lo stemma delle antiche famiglie. Ne è un esempio il Palazzo Gaia, nei pressi di Porta San Canio. Nei locali restaurati del castello medioevale si può visitare il museo diocesano, con reperti archeologici di epoca greca e romana, tre cui il busto dell’imperatore romano Giuliano l’Apostata, e una ricca collezione di oggetti d’arte sacra. Altra tappa è il museo dei legni intagliati, una collezione di 3000 pezzi dell’artigianato contadino e pastorale, sito nel monastero del XV secolo. In via delle Cantine, la visita alle antiche grotte per la lavorazione e conservazione del vino Aglianico, tutte interamente scavate nella roccia.

Inoltre, nei paraggi di Acerenza, è ancora visibile un antico insediamento denominato “La città dei Palmenti”, ove sono presenti innumerevoli grotte che un tempo assolvevano alle identiche funzioni, in prossimità dei vigneti.

IL VALLO DI DIANO – PADULA – LA CERTOSA DI SAN LORENZO

Il Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano preserva nei suoi 181.048 ettari di territorio protetto, un patrimonio di inestimabile valore, frutto dell’armonica integrazione tra ambienti naturali e opera dell’uomo, incessante ma per fortuna equilibrata.

Nel cuore del Vallo di Diano sorge la cittadina di Padula, che pur ricadendo nel territorio campano della provincia di Salerno, mostra molte affinità con la confinante terra di Basilicata.

La “Certosa di San Lorenzo”, conosciuta in tutta Europa per la sua magnificenza architettonica, spicca maestosa a valle dell’insediamento urbano di Padula, che si presenta abbarbicata su uno sperone roccioso, in un dedalo di viuzze lastricate di scale e scalini. In una di quelle case, su in cima nel vecchio borgo, è nato nel 1869 Joe Petrosino, il poliziotto americano che sfidò per primo la mafia italo – americana e che nel 1909 venne barbaramente ammazzato a Palermo, in Sicilia. La visita guidata della casa – museo di Joe Petrosino è davvero interessante.

La Certosa di San Lorenzo

Ubicata sotto la collina dove sorge il paese di Padula, è uno dei monasteri più grandi nel mondo e tra quelli di maggior interesse in Europa per magnificenza architettonica e copiosità di tesori artistici. L’edificio originario su cui sarà costruita la Certosa, la Grancia di San Lorenzo dell’Abbazia di Montevergine, già appartenuta ai monaci Basiliani, fu donata nel 1306 dal conte di Marsico e signore del Vallo di Diano, il normanno Tommaso Sanseverino, ai Certosini: ordine religioso fondato nel 1084 da San Brunone in Francia, a Chartreuse. Sulla decisione del conte Tommaso di fondare la Certosa pesò senz’altro la volontà di porre un sigillo al vincolo di fedeltà che lo legava alla dinastia francese degli angioini, i quali nutrivano una particolare benevolenza in favore dell’ordine dei certosini: in tal modo rafforzò l’appoggio angioino alla sua posizione di signore del Vallo di Diano che, naturalmente, egli svolgeva per contraccambio in funzione anti aragonese; il Vallo di Diano, infatti, era cruciale territorio di collegamento fra la Campania e la Calabria, quest’ultima sotto il controllo della dinastia aragonese. In secondo luogo, inoltre, Tommaso Sanseverino potè contare sulla preziosa opera di bonifica che i Certosini svolsero nella valle invasa dalle paludi, a causa delle piene del fiume Tanagro, non più adeguatamente governate per secoli dopo la caduta dell’impero romano. La Certosa di San Lorenzo fu progettata secondo la struttura tipica delle certose, che rispecchiava la vita religiosa e pratica dell’ordine. L’organizzazione degli spazi seguiva la distinzione tra una parte alta, dove alloggiavano i padri certosini, conducendovi una vita intimamente religiosa ed ascetica; e una parte bassa, cioè gli ambienti che, per la loro collocazione bassa, per l’appunto, erano adatti all’esercizio delle attività mondane. Qui stavano i conversi, che avevano il compito di curare i rapporti con le comunità residenti nel territorio circostante, di amministrare i beni delll’ordine, di sovrintendere alle attività agricole ed artigianali. Un muro molto esteso, pensato a scopo di difesa, circonda il monastero. Immediatamente dietro le mura vi erano gli orti. Dopo Avere varcato il portale d’ingresso si potevano osservare i depositi, le stalle ed il ricovero per i pellegrini. Anche la chiesa era divisa tra una parte alta, riservata ai padri, e una parte bassa, per i conversi. La Certosa, pur avendo subito profonde trasformazioni nel corso dei secoli, ha conservato la sua struttura delle origini. Per quanto riguarda i particolari, invece, rimangono soltanto le volte della chiesa ed elementi architettonici vari trasferiti dalla loro ubicazione originaria per essere riutilizzati in altri ambienti. La porta della chiesa è del ‘300. Al ‘400 risalgono il bassorilievo in pietra al lato delle scale che conducono alla foresteria e, probabilmente, la bella scala a chiocciola che porta alla biblioteca. Nel ‘500 furono costruiti, in particolare, i due cori della chiesa, una riservata ai padri e l’altra ai conversi, e il chiostro della foresteria. I lavori per la ristrutturazione e l’ampliamento del chiostro grande si protrassero oltre la metà del ‘600. In questo secolo la chiesa fu impreziosita con arredi sacri in argento. Nel corso del ‘700 fu edificato il refettorio attuale, mentre i vari ambienti furono abbelliti con decorazioni in stucco. Passato il Regno di Napoli sotto il dominio della Francia di Napoleone Bonaparte, gli ordini religiosi furono soppressi, e così la Certosa di Padula cadde in disgrazia: essa fu spogliata del suo patrimonio di libri, d’archivi e d’arte, dei suoi tesori in oro ed argento, del Tabernacolo in bronzo, oggi nuovamente collocato nella sagrestia del Convento. Cessata la dominazione francese, i certosini poterono tornare nel monastero. L’antica magnificenza rimase però soltanto un ricordo nostalgico d’altri tempi e, anzi, vi fu una progressiva decadenza che portò nel 1866 alla soppressione del monastero. Nel 1882 la Certosa fu dichiarata monumento nazionale e affidata alle cure del Ministero dell’Istruzione Pubblica. Ciò nonostante non seguirono interventi concreti di recupero, così il peggioramento del suo stato proseguì. Solo a partire dal 1982, quando il monastero fu affidato alla Soprintendenza dei Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici di Salerno, furono avviati lavori importanti di restauro e promosse iniziative di valorizzazione.

Oggi la Certosa, divenuto centro vitale d’iniziative culturali d’ampio respiro, ospita il Museo Archeologico della Lucania Occidentale e laboratori di restauro altamente qualificati.

Dal 1998 il monumento è stato dichiarato dall’UNESCO “Patrimonio dell’Umanità”.

Nel surreale paesaggio dei giardini della monumentale Certosa di San Lorenzo, si è tenuta anche quest’anno, per la quarta volta, nei giorni 23, 24 e 25 luglio 2010, la trentesima edizione del Concorso Ippico Internazionale.

Nota:

Molte delle informazioni riportate sono tratte da depliant, brochure e materiale vario pubblicati dall’Agenzia di Promozione Territoriale di Basilicata.


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