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A 50 anni dalla strage di piazza Fontana

Si è svolta ieri 12 dicembre 2019 a Palazzo Marino, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella,  la solenne manifestazione di rievocazione del tragico e funesto evento che scosse la città di Milano cinquant’anni orsono, allorchè una bomba venne fatta esplodere all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura di piazza Fontana.

E’ trascorso mezzo secolo: venerdi 12 dicembre 1969 a Milano era una giornata uggiosa e fredda, velata di un sottile strato di nebbia che inumidiva il viso della gente che frettolosamente si recava al lavoro a piedi, in bicicletta, in tram o in metropolitana. Era stata da poco inaugurata anche la “linea verde” da Caiazzo a Cascina Gobba, a partire dal 27 settembre 1969, mentre la prima sezione della “linea rossa” da Lotto a Sesto Marelli,  già in esercizio dal 1° novembre 1964 era stata  prolungata il 2 aprile 1966 fino a Pagano e Gambara.

Il grattacielo Pirelli svettava sui tetti milanesi facendo da contraltare alla Torre Velasca, simboli della straordinaria ripresa  e sviluppo del dopoguerra della grande metropoli lombarda, che offriva opportunità di lavoro a qualsiasi livello di aspettativa.

Le fabbriche,  la produzione, il commercio: era tutto un proliferare di piani, progetti, iniziative che coinvolgevano il pubblico e il privato e accanto alla “città delle fabbriche”,  localizzata per lo più a Sesto San Giovanni, si era andato sviluppando un notevole livello di indotto.

I negozianti  del centro e la Rinascente in particolare avevano già allestito la loro vetrine per le imminenti festività natalizie e le luminarie decoravano piazza Duomo e le strade più importanti della città. Grandi manifesti occupavano gli spazi pubblicitari propagandando panettoni Motta e Alemagna.

Io c’ero.

Avevo ventiquattro anni ed ero a Milano dal 1° settembre 1969, vincitore di un pubblico concorso indetto dalla Direzione Compartimentale delle Ferrovie dello Stato di Milano, che aveva sede a Palazzo Litta, al civico 24 del centralissimo corso Magenta.

Era l’ultimo giorno lavorativo della settimana prima del week-end che avrebbe consentito alle famiglie con i loro figlioletti di fare lo shopping prenatalizio, visitando anche il presepe meccanico, allestito ogni anno sotto un tendone  nella medesima piazza Duomo.

Ma qualcosa di inaspettato sconvolse Milano; nel pomeriggio una bomba deflagrò e gettò la città nello scompiglio.

La sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura, in piazza Fontana,  quel giorno era piena di clienti venuti soprattutto dalla provincia; alle 16,30, mentre gli altri istituti di credito chiudevano, all’interno di quella filiale c’erano ancora molte persone. L’esplosione avvenne alle 16,37, quando nel grande salone dal tetto a cupola scoppiò un ordigno contenente 7 chili di tritolo, uccidendo 17 persone delle quali 13 sul colpo, e ferendone altre 87; la diciassettesima vittima morì un anno dopo per problemi di salute legati all’esplosione. Una seconda bomba fu rinvenuta inesplosa nella sede milanese della Banca Commerciale Italiana, in piazza della Scala. Una terza bomba esplose a Roma alle 16,55 nel passaggio sotterraneo che collegava l’entrata di via Veneto della Banca Nazionale del Lavoro con quella di via di San Basilio; altre due esplosero a Roma tra le 17,20 e le 17,30, una davanti all’ Altare della Patria e l’altra all’ingresso del Museo del Risorgimento, in piazza Venezia. I feriti a Roma furono in tutto 16.

Il benessere generato dal cosiddetto boom economico che aveva caratterizzato la giovane Repubblica Italiana del  dopoguerra aveva portato con sè anche i germi della protesta e delle rivendicazioni sociali nelle fabbriche, nelle scuole, nelle università, nei posti di lavoro, nella Chiesa e nelle famiglie, di cui il Sessantotto rappresenta, nel bene e nel male, il punto di svolta epocale per la nostra intera comunità nazionale.

Nel bene, in quanto la protesta e le rivendicazioni hanno orientato le scelte politiche dell’epoca verso riforme straordinarie in campi di diversa natura.

Nel male, in quanto alcune esagerazioni si sono poi rivelate assai pericolose, degenerando in guerriglie, fino alla costituzione di vere e proprie bande armate (Brigate rosse, nere, ecc.), motu proprio o forse anche con l’ intrusione di frange corrotte di poteri dello Stato, con tentativi di golpe, per un verso, ovvero, per l’altro,  provocando volontariamente o involontariamente una sorta di risveglio di quella guerra civile (1943-1945) che aveva provocato in Italia una profonda lacerazione, protrattasi ben oltre la fine della Seconda Guerra Mondiale.

Quel giorno di 50 anni fa l’Italia del boom economico, che contò tra Milano e Roma ben cinque attentati terroristici, fu il drammatico incipit dell’era dei depistaggi e della cosiddetta strategia della tensione, con un lunghissimo elenco di ignari cittadini, politici, sindacalisti, magistrati e forze dell’ordine che ha insanguinato per trent’anni l’Italia. Il nostro Paese, mezzo secolo fa, uscì per sempre dal periodo aureo del miracolo economico per imboccare il  tunnel delle stragi, dal quale solo dagli anni 90 è riuscito a liberarsi, per imboccare tuttavia l’attuale tristissimo viale del tramonto, con una recessione che ci inchioda nei livelli periferici e secondari dell’Unione Europea, con un debito pubblico intollerabile.

Riusciremo a venirne fuori con un colpo di reni, un guizzo improvviso di sagacia, cogliendo anche le opportunità che l’UE ci offre, per raggiungere l’obiettivo che sembra esserci sfuggito di mano?

Ai posteri l’ardua sentenza!



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