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Giovanni Saitto: Spigolature storiche della Capitanata

Giovanni Saitto: Spigolature storiche della Capitanata
di Lorenzo Bove
Una chiacchierata tra buoni amici in un pomeriggio di questa calda stagione nella mia casa di Poggio Imperiale, nel corso del mio consueto periodo di vacanze estive, sorseggiando un fresco “spritz” casalingo, che è poi l’unico cocktail che sono in grado di preparare decentemente e che solitamente offro agli amici.
Avevo chiamato al telefono Gianni, al secolo Giovanni Saitto, per salutarlo e dirgli che avevo un omaggio per lui: “U scijore de prezzecocche” e “E fu così che … ? … L’inestricabile ‘Giallo’ de Tarranòve”, i miei due ultimi libri autoprodotti in Self Publishing.
E Gianni, quando è venuto a farmi visita, mi ha omaggiato a sua volta di due suoi interessantissimi libri da titolo “Spigolature storiche della Capitanata” del 2021 e “Spigolature storiche della Capitanata Libro II” del 2024.
Giovanni Saitto, consulente finanziario con alle spalle una ventennale esperienza di consulente editoriale della De Agostini, è autore di numerosi libri di storia locale e, secondo quanto ci dice di lui il giornalista e scrittore Giucar Marcone nella Prefazione del Libro II, “non [è] un semplice narratore degli eventi e delle tradizioni di questo territorio, ma una miniera di memorie, un’enciclopedia vivente depositaria del patrimonio storico-culturale-civile di eventi e personaggi che hanno segnato il cammino delle nostre genti”.
Ho letto con interesse entrambi i libri, sdraiato al mare sul lettino sotto l’ombrellone, e devo dire che il loro contenuto mi ha fatto scoprire, vedere e toccare con mano fatti, vicende ed eventi che non conoscevo o dei quali possedevo solamente scarne informazioni.
Dell’amico Gianni apprezzo la sua passione per la ricerca storica e soprattutto la sua caparbietà nel rispetto della verità dei fatti.
Egli si documenta, si confronta, scava negli archivi italiani ed anche stranieri, si reca nei luoghi, analizza, approfondisce e sintetizza; ma più di ogni altra cosa, non manca mai di riportare le citazioni e le fonti dalle quali attinge le informazioni che intende divulgare.
Una mattina, sul presto, di qualche giorno fa ho incontrato Gianni nel locale ufficio anagrafe dove mi ero recato per un certificato: era lì intento a spulciare dati da vecchi e ingialliti registri comunali, continuando imperterrito le sue ricerche.
In questi suoi due libri egli tocca argomenti variegati, ripartiti in dodici distinti blocchi (o schede, come meglio lui le connota), di cui sette nel primo libro e cinque nel secondo, mettendo così in luce uno spaccato delle vicende storiche, di costume e religiose del nostro territorio, la Capitanata, in un arco temporale abbastanza ampio: e lo fa con sagacia, pragmatismo e stile inconfondibile.
Di grande portata, altresì, gli interventi degli autorevoli esperti della cultura che, con la loro competenza, hanno elevato all’ennesima potenza il livello di autenticità della narrazione degli eventi riportati dall’Autore.
Il perché de “Le spigolature storiche della Capitanata”:
Spigolare, raccogliere le spighe di frumento rimaste nel campo dopo la mietitura e, in senso figurato, raccogliere da fonti diverse, andare a cercare qua e là [daTreccani on line].
In Puglia, secondo ISTAT e ISMEA, si coltivano oltre 340.000 ettari a grano duro, dei quali una parte significativa – stimata tra 220.000 e 240.000 ettari – si trova nella provincia di Foggia [Capitanata] in particolare nel Tavoliere delle Puglie, una delle aree più estese e fertili d’Italia [da Internet].
“Spigolature”, quelle di Giovanni Saitto, che ho trovato davvero geniali, come quelle riguardanti le “brigantesse” … drude o manutengole? Meglio … patriote! O quelle che ci parlano di Pomponia, Giorgia e Flavio … nobildonne, domestiche e governatori dell’antica Lesina romana e di Teanum Apulum che sorgeva sulla riva destra del fiume Fortore.
Ma, ognuna di esse – alla stregua delle spighe di grano rimaste incolte e raccolte da “vecchie contadine vestite di stracci, chine” … sulle stoppie assolate, che si trasformavano poi in pane per le loro tavole e dunque in nutrimento corporale – regala al lettore, in termini di conoscenza, altrettanto nutrimento sul piano culturale.
E, tutte assieme, nello specifico, ci riportano indietro nel tempo guidandoci alla scoperta delle nostre radici.

Dalla quarta di copertina Libro I:
“Terra cara a Federico II di Svevia, la Capitanata racchiude nei suoi anfratti le tracce di una storia millenaria. Nota anche con il toponimo di Daunia, coincide con la parte settentrionale della Puglia e comprende il Tavoliere di Puglia, definito il ‘granaio d’Italia’, il Gargano e il Subappennino Dauno. La quotidianità della regione, diversa fra le tre distinzioni: terra, mare e monti, si intreccia e si uniforma nelle tradizioni, negli usi e nelle consuetudini della sua gente e affonda le radici nella vita forgiata dall’antica sapienza contadina, capace di raccontare e rivitalizzare l’impronta identitaria dell’intera comunità dauna. E proprio come una vecchia contadina vestita di stracci, china a raccogliere spighe di frumento rimaste incolte dopo la mietitura, l’Autore di queste ‘Spigolature’ ha cercato e raccolto qua e là, notizie, cronache, aneddoti ed avvenimenti legati alle varie fasi storiche di questa parte dell’Alto Tavoliere. E così leggiamo la controversa questione agiografica legata a San Placido, Patrono di Poggio Imperiale; riviviamo i fasti del monastero di San Giovanni in Piano e dell’abbazia di Santa Agata martire, edifici religiosi abbandonati, ahimè, al loro mesto destino. Inoltre episodi drammatici e dolorosi legati ad eventi sismici o politici, qual è stato il fenomeno reazionario del primo Risorgimento italiano. Ci inoltreremo, poi, in quel di Lesina per conoscere le problematiche sorte fra feudatario e sudditi per il lago e il tombolo. Ultima, ma non ultima, una esauriente resocontazione delle vicende dinastiche della famiglia genovese degli Imperiale, infeudata in territori della Capitanata e del Salento. Un libro assimilabile a un viaggio variegato nella memoria che merita di trovare un posto preminente nelle librerie della gente di Capitanata”.

Dalla quarta di copertina Libro II:
‘Quella pianura vasta di un solo colore, un tempo tutta verde perché tutta pascolo, più tardi tutta gialla perché coltivata a grano, il Tavoliere della Puglia, terra fertile dove qualsiasi coltura risulta possibile’.
“Era il 1957 quando lo scrittore veneto Guido Piovene riportava nel suo ‘Viaggio in Italia’ le impressioni che aveva provato ammirando l’esteso bassopiano foggiano. Una terra eletta alla coltivazione dei grani che, una volta raccolti, accoglieva masse di donne e bambini intenti a spigolare. E proprio come una volta, quando si andava all’avida ricerca delle spighe non affastellate, l’Autore di queste ‘Spigolature’, investigando tra le sinuosità della storia di Capitanata, propone all’attenzione del lettore cinque saggi i cui contenuti descrivono argomenti sì diversi tra loro, ma uniti da un solo filo conduttore: la diffusione della conoscenza del nostro plurisecolare passato. Sfogliando le pagine del libro sarà come entrare in una macchina del tempo e vagare lungo l’arco dei secoli. Durante il percorso rivivremo le memorie dimenticate di tre personaggi della romana Teanum Apulum e del molisano Biase Zurlo, che fu capo del governo di Capitanata. Scopriremo il ruolo, responsabile e strategico, che le ‘vedette del mare’, le torri costiere, per secoli l’hanno garantito a salvaguardia delle popolazioni rivierasche. Rileggeremo, con occhi maturi e non di parte, le ‘oscure’ vicende che hanno portato alla scomparsa del Regno delle Due Sicilie e della successiva Unità d’Italia, raggiunta con metodi non proprio ortodossi, per poi concludere il viaggio a ritroso nel tempo con la realizzazione dell’Adriatica, la linea ferroviaria che ha avvicinato la Capitanata alle altre regioni italiane”.
‘Cinque medaglioni che compongono queste seconde Spigolature, che non di spigolature si tratta, ma di un campo florido e ricco di messi dove abbondano le idee e l’inestinguibile sete di sapere del suo Autore’.
Ad maiora semper!
Un augurio all’amico Gianni di sempre maggiori successi!
Rievocazione delle tradizioni e delle cantate popolari molisane

Rievocazione delle tradizioni e delle cantate popolari molisane
di Lorenzo Bove
L’Alto Tavoliere, al quale il comune di Poggio Imperiale appartiene, è parte della Capitanata, che confina con il vicino Molise; due territori contigui che, nei secoli, hanno mantenuto sempre stretti e civili rapporti di buon vicinato.Ma vi è di più: già con l’avvento del regime aragonese[1] e la riforma del sistema dei giustizierati[2], i due territori rimasero amministrativamente legati. Un cambiamento che ebbe importanti riflessi sul Contado di Molise si realizzò con la conquista aragonese del Regno di Napoli e la sua successiva riorganizzazione amministrativa.
Nel 1447 fu infatti emanato da Alfonso d’Aragona un decreto concernente l’istituzione della Regia dogana della mena delle pecore di Puglia. Con l’insediamento della Dogana di Foggia, il Contado di Molise, pur continuando formalmente a far parte della Terra di Lavoro [N.d.A.: Un territorio che si estendeva su buona parte delle attuali regioni Campania, Lazio e Molise], entrò in stretti rapporti economici con la Capitanata. In epoca incerta, probabilmente durante il viceregno spagnolo, verso la metà del XVI secolo, il Contado di Molise venne separato dalla Terra del Lavoro e aggregato alla Capitanata. La Regia udienza di Lucera, istituita nel 1514, esercitava la propria giurisdizione anche sul Contado di Molise. Quest’ultimo rimase legato alla Capitanata fino alle riforme amministrative introdotte nel 1806.
Ed oggigiorno è attivo un Movimento popolare che coltiva l’idea di poter unificare la Daunia (corrispondente al territorio delle province di Foggia e BAT – Barletta, Andria e Trani) e la regione Molise, finalizzata alla nascita di una nuova regione denominata “Moldaunia”.
“Il progetto ‘Moldaunia’[3]è un’idea di autonomia che, per limitarci alla storia recente, risale alla fase costituente (1946) della repubblica italiana, quando ben più illustri predecessori foggiani intravedendo la necessità di un’amministrazione autonoma della Daunia rispetto alle altre etnie pugliesi, reclamarono il diritto all’autonomia regionale della stessa, da sola od in aggregazione al Molise, al quale era legata da affinità etnico-culturali e socio-economiche, cementate in oltre quattro secoli di transumanza. Se tale richiesta era opportuna in vigenza del sistema centralista, oggi, con l’approvazione del sistema federalista regionale (legge n.3/2001), che investe le regioni di autonomia legislativa, finanziaria ed amministrativa, tale richiesta diventa addirittura vitale, in quanto gli interessi di sviluppo infrastrutturale e quindi socio-economico della Daunia confliggono manifestamente con quelli della Murgia e del Salento. Oltretutto, il passaggio del territorio dauno dall’attuale giurisdizione regionale pugliese a quella molisana, costituisce un’operazione di perequazione territoriale e demografica tra le due regioni: la Puglia molto grande (popolazione di 4.020.707 abitanti su una superficie di kmq 19.357), ed il Molise, la regione più piccola d’Italia a statuto ordinario (popolazione di 320.601 abitanti su una superficie di kmq 4.438), coronando un antico anelito della Daunia, oggi più che mai vivo nell’animo della sua popolazione”. |
Ed è dunque del tutto evidente che le popolazioni di questi due territori abbiano, nel tempo, finito con il condividere usi, costumi e tradizioni popolari, oltre che creare nuovi nuclei familiari, unendosi in matrimonio tra loro, come avvenne nel caso di Crescenzo Fiorella di Poggio Imperiale e Giovanna Allocati di San Polo Matese, di cui ci accingiamo a parlare qui di seguito, nel contesto della rievocazione delle tradizioni e delle cantate popolari molisane e, in particolare dell’organetto abruzzese, “uno strumento musicale tradizionale della regione Abruzzo [N.d.A.: ma, naturalmente anche della regione Molise] in Italia. Caratterizzato da un suono vivace e coinvolgente, solitamente è costruito in legno di ciliegio. Il design è tipicamente compatto e leggero, facilitando il trasporto durante le esibizioni musicali”[4]. |
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Foto di repertorio da Internet
Tra i suonatori di Organetto Abruzzese figura anche Alfonso Fiorella di San Polo Matese (Campobasso), figlio del Tarnuèse Crescenzo Fiorella che ivi si trasferì nella prima metà del secolo scorso e mise su famiglia, contraendo matrimonio sul posto.
Il “Gruppo di suonatori e di ballo di San Polo Matese”, denominato “La Teglia” di cui Alfonso Fiorella ha fatto parte per tanti anni (assicurando ancora ora la sua presenza in occasioni speciali, data l’età avanzata), ha cavalcato le piazze e i palcoscenici, non solo locali, ma anche di varie località italiane, europee e del mondo, non ultima, la partecipazione al Columbus Day di New York negli Stati Uniti d’America.

e con il suo organetto
Foto by Alfonso Fiorella

il 26 luglio 2025 da Lorenzo Bove (a sx)
Foto by Lorenzo Bove
In particolare, Crescenzo Fiorella, il padre di Alfonso, nacque a Tarranòve, Poggio Imperiale, nell’Alto Tavoliere in terra di Capitanata, il 19 aprile 1904 e all’età di quattro anni si ammalò di malaria, con seri pregiudizi per la sua sopravvivenza, considerando che, ai tempi, anche di malaria si rischiava di morire. Provvidenziale si rilevò l’idea di suo zio Michele Fiorella di portarlo con sé in montagna, nel vicino Molise, a San Polo Matese, ove l’aria era più salubre e quindi maggiormente salutare per il bambino. Lo zio Michele svolgeva all’epoca la propria attività lavorativa nell’ambito della “Transumanza e della mena delle pecore”, che un tempo caratterizzava il particolare settore della pastorizia, e che vedeva lo spostamento delle mandrie di ovini dalle montagne dell’Abruzzo e del Molise verso le pianure pugliesi, attraverso i “Tratturi”, ove d’inverno il clima era più mite, ed il loro ritorno in montagna nella bella stagione. Il ragazzo ne trasse positivi benefici e, crescendo, cominciò ad accompagnare suo zio negli spostamenti delle mandrie, stabilendosi definitivamente nella località molisana di San Polo Matese, dove contrasse poi matrimonio con Giovanna Allocati, una ragazza del posto, dal quale nacquero sei figli, tra i quali anche Alfonso, attualmente novantatreenne in quanto nato il 3 maggio 1932, chiamato affettuosamente “Zi Fonz”.
Anch’egli iniziò con il seguire le orme del proprio genitore nell’attività di pastorizia, per poi trasferirsi in Belgio ove si occupò di edilizia, dopo aver frequentato positivamente i corsi di formazione professionali previsti, dimorando a Marcinelle, una località del comune di Charleroi, tristemente nota per il disastro minerario avvenuto l’8 agosto 1956 nella miniera di carbone di Bois du Cazier: l’incendio che si sviluppò causò la morte di 262 minatori, dei 275 presenti, di cui 136 italiani.
Dopo ben dodici anni, Alfonso ritornò a San Polo Matese e si unì in matrimonio con la sua cara Giovanna Noviello – recentemente scomparsa – dal quale nacquero tre figli, occupandosi di lavori edili, promiscuamente con attività agricole.
Già da ragazzo, il giovane Alfonso cominciò ad avere i primi approcci con lo strumento musicale del padre Crescenzo, un organetto abruzzese, che questi era solito suonare nelle varie occasioni pubbliche o private che fossero, fin quando, al compimento del suo diciottesimo compleanno, ricevette in regalo dal medesimo genitore un nuovo organetto, tutto per sé; anche perché quello del padre era stato letteralmente messo fuori uso proprio da lui a furia di strapazzarlo per imparare a suonarlo, ad orecchio e per imitazione, in maniera del tutto naturale.

Foto by Alfonso Fiorella
FE così divenne un provetto suonatore di organetto abruzzese, perfezionando un proprio ed esclusivo stile, peraltro molto apprezzato non solo sul posto, ma anche in altre località vicine e lontane.
Negli anni sessanta del secolo scorso, cominciavano a registrarsi anche in Molise i primi fermenti di rievocazione delle tradizioni e delle cantate popolari, dalla festa della zampogna[5] alle antiche tarantelle.

“La Teglia” di San Polo Matese
Foto by Alfonso Fiorella
Venne quindi a costituirsi intorno al 1970 a San Polo Matese il Gruppo Folkloristico denominato “La Teglia”, del quale Alfonso Fiorella rappresentò sicuramente il perno principale, facendo gioire ed entusiasmare, ma soprattutto ballare, per oltre mezzo secolo, folle di giovani e meno giovani, in giro per il mondo, conseguendo premi e riconoscimenti di merito al riguardo. e

Foto by Lorenzo Bove
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del 15 agosto 2014.
Foto by Lorenzo Bove
La denominazione “La Teglia” del Gruppo è simbolica ed è riferita all’albero di Tiglio, con radici profonde ed antichissime, legate ai riti di stregoneria, un po’ come la cosiddetta “Noce di Benevento”, l’albero di noce sotto il quale, secondo la leggenda, si radunavano le streghe, per l’appunto, di Benevento[6].
Il rito del Tiglio rievocato dal Gruppo Sanpolese[7], con tanto di corpo di ballo e canti, accompagnati dalle “tammorre” e dall’organetto di Alfonso Fiorella, si sviluppa intorno ad un palo di legno (che rappresenta il tronco dell’albero di Tiglio), sulla cui cima vengono issati dodici nastri colorati discendenti (che rappresentano i rami e le foglie).
Una coppia di ballerini (un ragazzo e una ragazza, rappresentanti i futuri sposi) reggono il palo, mentre altre sei coppie (rappresentanti le streghe e gli stregoni) fanno veleggiare i dodici nastri colorati (nel numero di due per ciascuna coppia), ballando ritmicamente e facendo intrecciare e disintrecciare armonicamente i nastri stessi.
Alla fine del ballo delle “streghe e degli stregoni” si verifica l’auspicio:
- Se i nastri risultano completamente disintrecciati, la coppia dei fidanzati avrà un futuro di gioia e di felicità;
- Se i nastri risultano invece intrecciati, per i fidanzati si prospetta un futuro difficoltoso e pieno di problemi.
Ma, in verità, l’abilità dei ballerini è tale che l’auspicio finisce sempre con l’essere positivo per i futuri sposi, ed è il caso di dire che tutto finisce a “tarallucci e vino”.
[1] Cfr. Contado di Molise – Wikipedia
[2] Il termine “giustizierato” designava in epoca normanna, sveva e angioina ogni “distretto amministrativo” in cui era suddiviso il Regno, retto da un funzionario di nomina imperiale o reale. Da Wikipedia
[3] Progetto MOLDAUNIA https://www.moldaunia.it
[4] Cfr.https://www.bing.com/search?q=l%27organetto+abruzzere&form
[5] La zampogna è uno strumento musicale dei pastori abruzzesi e molisani. “Il pastore si annoiava nel mentre le pecore erano al pascolo e quindi passava il tempo ad intarsiare rami con il suo coltello, al fresco sotto un albero.
E realizzava così i barrocche (i bastoni) che gli servivano per proteggere il gregge dagli animali, ma anche zufoli, pifferi, fischietti, flauti e zampogne.
Le zampogne (una sorta di cornamuse scozzesi), in particolare, venivano un tempo fatte con canne lavorate a mano con i coltelli e sacche ricavate dalle pelli delle pecore. Con questo strumento un singolo pastore poteva far suonare contemporaneamente fino a cinque canne. Ciò era possibile perché le canne non venivano insufflate direttamente dalla bocca del suonatore, ma dall’aria contenuta nella sacca di pelle di ovino, detta otre”.
Cfr. Lorenzo Bove, “E fu così che … ? … L’inestricabile ‘giallo’ de Tarranòve”, Self Publishing, giugno 2025, alla pagina 123
[6] E, da qui, la denominazione del famoso liquore “Strega” di colore giallo paglierino, associato anche all’omonimo premio letterario, istituito nel 1947.
[7] Le informazioni, nel dettaglio, sono state cortesemente ed amabilmente fornite da Assunta Fiorella, figlia di Alfonso Fiorella, presente all’intervista del 26 luglio 2025 fatta da Lorenzo Bove allo stesso Alfonso Fiorella presso la sua abitazione di San Polo Matese (Campobasso), Molise.
I racconti di Michelina

I racconti di Michelina
di Lorenzo Bove
Una “new entry” in campo letterario, che le Edizioni del Poggio ci hanno fatto conoscere in questa calda estate del 2025; una piccola perla dal titolo “I racconti di Michelina”, il primo libro scritto da Michelina Finoia di Poggio Imperiale in provincia di Foggia, nell’Alto Tavoliere, che rompe ogni indugio e viene allo scoperto, mettendo in luce la delicatezza e la profondità dei suoi sentimenti di donna, mamma e nonna, offrendoci una serie di brevi racconti, apparentemente dedicati ai più piccoli, ma dai quali anche i grandi potranno trarre il loro giovamento in termini di umanità, accoglienza e, in una visione più generale, di rispetto e di amore per sé stessi e per gli altri. Che tradotto in parole più comprensibili, significa solamente: farsi prossimo; un concetto strettamente legato alla parabola del Buon Samaritano, raccontata da Gesù nel vangelo secondo Luca (10,25-37), che illustra come il vero prossimo sia colui che si prende cura dell’altro, anche se non lo conosce o se appartiene a un gruppo sociale diverso dal suo.
E, per i suoi protagonisti, Michelina fa ricorso agli animali, che certamente hanno maggiore presa sui bambini (e non solo su di essi), alla stregua delle “favole di Esopo e Fedro, in cui gli animali agiscono come personaggi per trasmettere una morale o un insegnamento”, come eloquentemente rileva la Dottoressa Concetta De Nucci nella sua Prefazione.
Molosso il cane senz’osso, la gallina cenerina, la lucertola porta fortuna, un forbicino, dei delfini, un pulcino e, perché no, anche una ballerina in una palla di neve.
Umanizzando così le vicende che immaginariamente si svolgono per lo più tra animali, come nelle migliori tradizioni delle favole a lieto fine, per lanciare messaggi positivi, di cui oggi abbiamo tanto bisogno.
Un guardarsi dentro, analizzandosi attentamente fino a toccare i gangli più profondi e sensibili del proprio essere, con il desiderio inconscio di proiettarsi poi all’esterno a guisa di faro per le nuove generazioni alle quali augurare un mondo migliore. Un’aspettativa che l’autrice stessa proietta in particolare verso i suoi tre nipoti Nicola, Vincenzo e Chiara, “l’ultima nata che il cuore mi ha rubato”, vergando i toccanti versi riportati alla pagina 7 del suo libro.
E, “allora ben vengano quegli scrittori che con le loro opere si pongono ‘al servizio’ dei più giovani per suscitare in loro la curiosità e far camminare con le ali della fantasia i loro sogni”, come scrive la Professoressa Antonia Frazzano nella Presentazione della Collana “Il giardino della fantasia”.
Un libro a tutto tondo che si legge tutto d’un fiato, uscendone soddisfatti e carichi di speranza di un mondo migliore, per l’appunto, fatto di piccole e semplici cose; un po’ come fare un salto a ritroso nel tempo e tornare ad essere bambini curiosi e desiderosi di volare proprio con le ali della fantasia.
E, poi, in calce al libro, le “schede didattiche interattive” da compilare liberamente seguendo l’ordine delle domande preimpostate, per interagire con il testo, i personaggi e quant’altro proposto sotto la voce: “E adesso parla tu”.
Veramente belle ed interessanti, infine, le illustrazioni del giovanissimo Alessandro Braccia: complimenti!
La presentazione del libro è avvenuta alle ore 20,30 dell’8 agosto 2025 nella piazzetta Pio X di Poggio Imperiale, alla presenza di un folto pubblico e con le brillanti relatrici Dott.ssa Cristina Piteo e Dott.ssa Titti De Nucci.

La serata è stata allietata dalla potente voce di Stefania Cristina, accompagnata alla chitarra da Antonio Di Nauta, ed il bravissimo Tonino Braccia ha intrattenuto il pubblico con brani dialettali ‘terranovesi’ accompagnandosi con la sua chitarra.
L’autrice del libro ha deciso di destinare integralmente il ricavato delle vendite alla Caritas Parrocchiale.
Benvenuta a bordo, Michelina!

Dalla quarta di copertina:
“Chi ha detto che il mondo della fantasia appartiene solo ai bambini? Chi ha stabilito che l’immaginazione debba avere un’età, una scadenza o un confine? I racconti di Michelina sono qui per smentire ogni pregiudizio con questo libro che è un dono: a chi ama narrare, a chi ama ascoltare”.

E fu così che … ? L’inestricabile “giallo” de Tarranòve

Lorenzo Bove
E fu così che … ? L’inestricabile “giallo” de Tarranòve
Un nuovo libro di Lorenzo Bove nel quale l’autore parla di una storia che si sviluppa nell’ambito di un ridente borgo dell’Italia Meridionale, Poggio Imperiale (Tarranòve), il suo paese di origine, e prende le mosse da fatti realmente accaduti la sera del 20 giugno del 1888 e fedelmente documentati, che vengono assunti tuttavia semplicemente a pretesto, per elaborare una trama inedita e fantasiosa, all’interno della quale sviluppare una sceneggiatura che consenta di far muovere i diversi personaggi, e poter più agevolmente mettere in luce, in maniera forse anche un po’ stravagante, gli usi e costumi dei suoi concittadini di un tempo, con i loro pregi e i loro difetti, posticipando fittiziamente gli eventi verso la metà nel secolo scorso, epoca in cui egli stesso cominciava a muovere i primi passi e a biascicare le prime parole del suo dialetto Tarnuèse.
Ogni riferimento a persone o fatti realmente accaduti è puramente casuale
Dalla quarta di copertina:
«Uno spaccato della quotidianità della vita paesana della metà del secolo scorso, con i suoi pregi e i suoi difetti, che si tinge di rosso a causa di un evento delittuoso inaspettato e inusuale, infrangendone la quiete e facendo emergere, in qualche caso e magari anche in maniera un po’ stravagante, il vero volto della gente.
Un Maresciallo dei carabinieri autorevole e mai autoritario, molto cordiale e alla mano, un vecchio coltello pieghevole, artigiani, botteghe e un po’ di ‘suspence’, giusto quanto basta!
Un “giallo” inestricabile che sconvolge l’intera comunità di Tarranòve, un piccolo e ridente borgo dell’Alto Tavoliere della Puglia, in terra di Capitanata».

LBSelfPublishing
Questo libro è autoprodotto e stampato per conto esclusivo dell’autore ‘in limited edition’ (in edizione limitata) ed è dedicato prevalentemente alla ristretta cerchia delle persone più care nonché agli appassionati di tradizioni e storia locale interessati.
È vietata la copia e la
riproduzione in qualsiasi forma dei contenuti e delle immagini, nonché la loro
pubblicazione se non autorizzata espressamente dall’autore medesimo.
Copyright © 2025 Lorenzo Bove
Tutti i diritti riservati.
Stampato nel mese di giugno 2025 presso GR SERVICE Via Veneto, 21/23
35020 Due Carrare (PD) +39 049629967 info@gr-service.it
Inoltre, di questo libro è stato autoprodotto anche un eBook in formato digitale, che viene offerto gratuitamente in lettura su questo stesso Sito/Blog www.paginedipoggio.com alla Pagina:
EBOOK (scarica,sfoglia e leggi)

Copertina libro
Poggio Imperiale, morta a 116 anni Nonna Peppa, la donna più longeva d’Europa

Si è spenta all’alba di martedi 18 giugno 2019 Giuseppina Robucci, per tutti Nonna Peppa, ultracentenaria di 116 anni e 3 mesi di Poggio Imperiale, la donna più longeva d’Europa e seconda in assoluto a livello mondiale (alle spalle della giapponese Kane Tanaka, nata il 3 gennaio del 1903).
Il decesso è avvenuto nella sua casa di Poggio Imperiale, proprio dove era nata il 20 marzo del 1903.
“Siamo dispiaciuti, ma al tempo stesso onorati di averla avuta come concittadina”, ha commentato il sindaco di Poggio Imperiale, Alfonso D’Aloisio.
Nel 2015 Nonna Peppa era stata insignita del titolo di sindaco onorario del piccolo borgo dell’Alto Tavoliere in provincia di Foggia e, nella giornata di ieri, è stata allestita la camera ardente nella sala consiliare del Municipio e proclamato il lutto cittadino, con funerali solenni in piazza Imperiale alle ore 17,30.
Una donna eccezionale pur nella sua semplicità, per anni si è occupata, insieme al marito Nicola Nargiso morto nel 1982, di un bar della piazza del paese; ha avuto cinque figli, tre maschi (il più anziano di 90 anni e il più giovane di 75) e due femmine, tra cui suor Nicoletta delle Suore Sacramentine di Bergamo, nove nipoti e 16 pronipoti (la più piccola di 5 anni).
Nei suoi 116 anni di vita è stata testimone di due guerre mondiali, due re, dodici Presidenti della Repubblica e dei seguenti ultimi dieci 10 Papi:
Pio X (1903 – 1914)
Benedetto XV (1914 – 1922)
Pio XI (1922 – 1939)
Pio XII (1939 – 1958)
Giovanni XXIII (1958 – 1963)
Paolo VI (1963 – 1978)
Giovanni Paolo I (1978)
Giovanni Paolo II (1978 – 2005)
Benedetto XVI (2005 dimessosi nel 2013)
Francesco I ( 2013 e attualmente in carica)
Il segreto della sua longevità, Nonna Peppa lo attribuiva ad uno stile di vita semplice: “Mangiare poco e sano, mai un bicchiere di vino e mai una sigaretta in bocca”.
Un vecchio detto paesano risalente a tempi antichi e spesso ripetuto ancora oggi dagli abitanti di Poggio Imperiale (Tarranòve in vernacolo) recitava: “Tarranòve, pan’e pemmedore e arij’a bbone” (alla lettera: Poggio Imperiale, pane e pomodoro e aria buona), quale invito a prendere le cose per il giusto verso e senza eccessivo affanno, con distensione e serenità che solo un piccolo borgo sviluppatosi alla sommità di una collinetta (poggio) immersa in una vegetazione lussureggiante poteva offrire.
Una collinetta dalla quale si riesce, da una parte, a scrutare il mare con le isole Tremiti in lontananza e il promontorio del Gargano e, dall’altra, il subappennino dauno fino alle montagne del vicino Molise.
Aria buona, quindi, e cibi semplici e genuini rappresentati da una semplice fetta di pane pugliese, frutto del grano coltivato in queste floride campagne, accompagnata dai rossi e squisiti pomodori tarnuèse conditi con un olio extravergine di oliva paesano la cui fragranza non ha eguali.
Che sia questa la ricetta della longevità … che ha aiutato Nonna Peppa a vivere serenamente fino alla veneranda età di 116 anni e novanta giorni?

Festeggiamenti dei 112 anni di Nonna Peppa
Premio Nazionale Spiga d’Oro 2012

Il 15 luglio a Poggio Imperiale la quinta edizione del Premio Nazionale Spiga d’Oro, organizzata dall’Associazione Culturale Terra Nostra Onlus in collaborazione con la Regione Puglia, Provincia di Foggia e Comune di Poggio Imperiale.
Puntualmente, anche quest’anno, i riflettori si accenderanno sulla piazza Imperiale della nostra cittadina per l’attesa manifestazione, che sta riscuotendo negli anni sempre maggiore consenso.
Domenica 15 luglio alle ore 21, dunque, “La Notte delle Spighe” con la consegna dei prestigiosi premi, nella cornice di uno straordinario spettacolo che vedrà la presenza di numerosi artisti, tra cui Ivan Cattaneo.
All’on. Vladimir Luxuria il Premio Nazionale Spiga d’Oro
A Franco Dell’Erba il Premio Spiga d’Oro Capitanata
A Nico Zangardi il Premio Spiga d’Argento Terra Nostra
La manifestazione sarà anticipata, la sera precedente, da una serata speciale dedicata ai prodotti tipici di Puglia, tra stands gastronomici e mercatino dell’usato e dell’artigianato, accompagnata da un interessante concerto musicale.
Ancora scosse di terremoto a Milano

La prima forte scossa di terremoto alle nove di questa mattina e la seconda verso la tredici.
Le scosse sono state avvertite in tutto il Nord Italia, dal Trentino alla Toscana.
La magnitudo registrata è stata del 5,8 con epicentro nel Comune di Finale Emilia, nel Modenese, ad una profondita’ intorno ai 10 chilometri.
Il terremoto è stato chiaramente avvertito anche a Milano e relativo hinterland, dove alcuni palazzi, sede prevalentemente di uffici, ed anche alcune scuole, sono stati fatti evacuare per motivi di sicurezza.
Io, personalmente, ho percepito la prima intensa a scossa alle ore 9:01, in casa, al quinto piano del mio stabile di Sesto San Giovanni, confermata peraltro dall’oscillazione dei lampadari, e la seconda alle ore 12:57.
Un po’ di spavento … niente di più!
Il movimento tellurico, che per forza e intensità ricorda quello del 20 maggio scorso, ha provocato ancora crolli, morti, feriti e diversi dispersi sotto le macerie soprattutto nelle zone dell’Emilia tristemente e maggiormente colpite.
A Milano, per fortuna, nulla di tutto questo; per un po’ il traffico è andato in tilt a causa della gente scesa in strada dopo le scosse, che non pare abbiano provocato danni nel capoluogo lombardo: al momento solo tanta paura. Controlli sono comunque in corso alle strutture civili e pubbliche oltre che al patrimonio artistico. Diverse le chiamate al 118 e i mezzi pubblici, inclusa la metropolitana, hanno continuato a funzionare seppure con qualche lieve problema. In particolare, la circolazione dei treni delle tre linee metropolitane è stata interrotta solo per alcuni minuti per consentire le verifiche agli impianti, sulla base delle procedure di sicurezza previste, provocando qualche rallentamento prima di riprendere regolarmente le normali frequenze.
Tuttavia, le forti scosse di terremoto che hanno interessato tutto il Nord Italia hanno avuto ripercussioni sulla circolazione dei treni, con riduzione di velocità a 100 km/h sulle linee ad alta velocità Bologna – Milano e Bologna – Firenze e sulle linee Bologna – Prato e Bologna – Rimini. Inoltre, per consentire le verifiche sulla stabilità delle infrastrutture la circolazione è stata momentaneamente sospesa sulle linee Bologna – Verona, Bologna – Padova, Bologna – Piacenza e Verona – Modena.
E’ tanta l’apprensione per le terribili notizie che giungono dai centri dell’Emilia nuovamente colpiti oggi dalle ultime forti scosse di terremoto. Crollate chiese, scuole, case, patrimonio storico – artistico e capannoni industriali sotto le macerie dei quali hanno perso la vita altri ignari operai.
Le vittime sinora accertate sono 15; sono stati evacuati alcuni ospedali ed allestite tendopoli per l’accoglienza degli sfollati.
La Protezione civile, vigili del fuoco, volontari, forze dell’ordine e semplici cittadini sono mobilitati per fornire il proprio contributo nelle operazioni di soccorso a sostegno delle popolazioni colpite dal sisma.