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Dic

La cultura del cibo

Riporto, qui di seguito, la puntuale, approfondita e gradita recensione  al mio ultimo libro, scritta ed inviatami dall’amica Antonietta Zangardi, scrittrice, studiosa e ricercatrice interessata particolarmente alla storia di Poggio Imperiale, nonchè animatrice del  Centro Studi Territoriale Simposio  Culturale di Poggio Imperiale, che coordina insieme al marito Antonio Giacò.

Tra i suoi scritti più noti: Poggio Imperiale Anno 1759 Nuovi documenti sulle origini e sulla fondazione; Federico II, Terzo Vento di Soave e la silloge Sottovoce, parole e versi in libertà.

Il 12 ottobre 2018 si è tenuta a Poggio Imperiale, presso la Sala Moltifunzionale di via Oberdan, la Festa del Simposio per la presentazione del libro Attività Conferenze Eventi (dal 29 gennaio 2015 al 24 maggio 2018).

Il 18 novembre scorso Antonietta mi informava, via Whatsapp, che … << Leggendo il tuo libro ho trovato anche la notizia  del “capocanale” con la nota sull’avvocato Mario Fiore, scrittore e storico, nostro carissimo amico al quale l’altra sera , in occasione di un incontro  del Comitato per la salvaguardia dei ruderi di Fiorentino, ho donato il tuo libro … >>

Ed io le ho risposto che … << E’ sempre un piacere … ricevere conferme sul fatto che “cultura” significa anche “divulgazione” a tutti i livelli, pure su argomenti che potrebbero a prima vista apparire futili e scontati. >>

Buona lettura!

 

La cultura del cibo

di Antonietta Zangardi

Ho letto l’ultima pubblicazione di Lorenzo Bove, “Il Cibo in Terra di Capitanata e nel Gargano tra storia, popolo e territorio. Tarranòve, pane, pemmedore e arija bbòne”.

Nel leggere un libro sono sempre mossa dalla curiosità e il titolo è una premessa importante per inserirmi in quell’atmosfera magica che mi procura la lettura. Sono sempre attenta, innanzitutto, al rispetto di chi scrive e cerca di comunicare al lettore le sue conoscenze, frutto di studi e ricerche. Quando leggo, poi, mi capita di estraniarmi dal contesto reale in cui vivo e opero, per rilassarmi e per andare alla ricerca delle stesse emozioni e degli stessi sentimenti che chi scrive vuole donarmi, senza perdermi nelle ricerche spocchiose di coloro che vogliono individuare, a tutti i costi, refusi ed errori, nel testo.

Dopo questa essenziale premessa, andiamo al libro che ho letto con vero piacere. Conosco personalmente l’autore e so che ci mette passione, determinazione e professionalità in tutte le attività che intraprende.

Mangiare è un vero rito, che unisce in modo conviviale e reca gioia e condivisione. Approvo e rifletto con piacere sulle parole che l’autore scrive: “I profumi e gli odori del cibo che ci hanno pervaso … sono indelebilmente stampati nel nostro cervello e basta solo percepire lievi sentori per associare eventi, fatti, situazioni di un tempo lontano, che fanno parte ormai di sopite reminiscenze …”

Gli abitanti del nostro Poggio Imperiale o Tarranòve, porta della Puglia e del Gargano, montagna del sole, provenivano da paesi diversi, per cui portavano con loro le usanze, i riti, i cibi, le credenze originarie, in un insieme eterogeneo. Così costruirono un’identità condivisa e una convivenza di valori essenziali. Sappiamo bene e per certo che le diversità sono delle risorse da valorizzare in ogni contesto storico, quindi il nostro Poggio, proprio perché molto eterogeneo doveva e dovrebbe conservare i valori di tutti e allontanare, per quanto possibile, i molteplici difetti.

Lasciando il Poggio per motivi di lavoro, anche l’autore ha portato con sé, nel suo bagaglio naturale e culturale, tutti quei profumi e quei riti che hanno segnato la sua fanciullezza e parte della sua giovinezza.

L’autore ribadisce che, attraverso gli odori e i sapori dei cibi, si ritrovano, riposti e nascosti nella memoria, storie e momenti di vita vissuta, ricordi di persone che non ci sono più, la cui presenza ha segnato la nostra esistenza e avvenimenti lontani ormai persi, che il tempo onnivoro divorerebbe e annullerebbe se non fossero afferrati e  riportati alla luce. E questo è ciò che ha fatto Lorenzo nella sua pubblicazione.

Oltre a una certa acquolina, il libro mi ha comunicato sensazioni ed emozioni, voci e gesti che, mi hanno riportato sì, indietro nel tempo, ma hanno richiamato in me il presente che vivo giornalmente. Certe pietanze e certi cibi, infatti, io li preparo ancora, così come ho visto fare mia madre e come vedevo fare la mia nonna materna che, da buona contadina, prediligeva la genuinità dei cibi e la ricchezza di sapori. Penso alle “melanzane cu stuppele” alla “minestra di fave e cicoria”, ai “cicatelli con  rape e lice”, ai “maccheroni con ricotta”, o “al forno pasticciati”, agli “spaghetti con fagiolini e patate”, alla teglia al forno con “agnello, patate, torcinelli e lampasciule”, “i ndorcele” con sugo di braciole e così via, tutti piatti “forti” della mia cucina e che, leggendo il libro di Lorenzo, ho ritrovato con immenso piacere.

Bella l’idea di fotografare i cibi e riportarli a colori nel libro, trascriverne i termini dialettali con la traduzione in italiano.

Dopo la carrellata dei cibi terranovesi, l’autore intraprende un “viaggio virtuale” sui cibi, i riti e le sagre paesane del vicino Gargano e dei monti Dauni; scandaglia, presenta e descrive pietanze, effettuando una sapiente analogia con i nostri cibi.

Conclude il suo oneroso lavoro, riportando gli articoli sul “cibo”, pubblicati negli anni scorsi nel suo blog.

Capisco benissimo che c’è un grande impegno in questa pubblicazione. So, per certo, che, dietro questa immane fatica, c’è la moglie di Lorenzo, Elvira, legata ai ricordi del suo Poggio, che è stata costretta a lasciare per ricostruire la propria vita col lavoro.

Anch’io ho voluto fissare in questo scritto i momenti conviviali con le pietanze più succulenti (saprìte) e, nello stesso tempo, rendere omaggio a due amici della mia adolescenza che, quando sono partiti e hanno lasciato il Poggio, mi sono tanto mancati e con i quali ho sempre mantenuto uno stretto legame.

“Alla prossima ricerca, Lorenzo e Elvira, in nome della nostra antica e duratura amicizia!” (Uso gli stessi termini che l’autore ha scritto sulla copia del libro in mio possesso).

 

 

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