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29
Apr

Paisà, il film di Rossellini del 1946: qualche riflessione!

Lorenzo Bove

Paisà, il film di Rossellini del 1946: qualche riflessione!

Mi è capitato, la scorsa domenica, di rivedere in televisione Paisà, un vecchio film a episodi del 1946 diretto da Roberto Rossellini; seconda pellicola della Trilogia della guerra antifascista [Roma città aperta (1945), Paisà (1946) e Germania anno zero (1948)], che è considerata una delle vette del cinema neorealista italiano.
Realizzata con attori prevalentemente non professionisti, rievoca l’avanzata delle truppe anglo americane alleate dalla Sicilia al Nord Italia, attraverso sei episodi: Sicilia, Napoli, Roma, Firenze, Appennino Emiliano, Porto Tolle.
Il film fu girato nel 1946 ma concepito già nel 1945, poco dopo la liberazione dell’Italia dalle truppe tedesche e dal nazifascismo; del 1995 è invece la versione restaurata.
Paisà è stato candidato ai Premi Oscar 1950 per la migliore sceneggiatura originale ed è stato inserito nella lista dei 100 migliori film da salvare; lista nata con lo scopo di segnalare “100 pellicole che hanno cambiato la memoria collettiva del Paese tra il 1942 e il 1978”.
Alla sceneggiatura contribuirono Sergio Amidei e Federico Fellini, che del film era anche aiuto regista, mentre assistente alla regia e autrice dei dialoghi in inglese fu Annalena Limentani.
Come scriveva Mario Oreste Verdone [critico cinematografico e saggista italiano, oltre che padre dell’attore Carlo Verdone], nella Storia del cinema italiano, Newton Compton, 1995: ”Paisà include le pagine più toccanti che ci abbia dato il cinema italiano del dopoguerra. Ne nasce un senso di disperazione profonda, un canto funebre acuto e commovente nel quadro tragico della guerra vissuta, da una città all’altra, tra gli stenti, i pericoli, le miserie, le angosce, gli eroismi, le morti più assurde”.
Personalmente, devo ammettere che ogni volta che rivedo vecchi film del genere, scopro qualcosa di nuovo e di interessante che mi stimola alla riflessione.
In questa occasione, la mia attenzione si è soffermata particolarmente sul 5° episodio “Appennino Emiliano”, per il quale risulta che fu fondamentale l’apporto di Fellini che modificò notevolmente la sceneggiatura originale di Amidei.
La scena si svolge in un convento francescano dell’Appennino tosco-emiliano, dove giungono tre cappellani militari americani, uno cattolico, uno protestante e uno ebreo in cerca di ospitalità per la notte. Al momento della loro comparsa sulla scena, non si capisce subito la differente appartenenza religiosa dei cappellani militari, ma un occhio attento potrà notare che sull’elmetto di uno dei tre non c’è la croce. Poco dopo, si vede uno dei cappellani che nella sua cella recita in ebraico la preghiera serale in piedi (e chi conosce il loro modo di pregare, comprende subito che si tratta di un ebreo; fra l’altro, pare che l’attore che impersona il personaggio fosse realmente un assistente del rabbino militare al seguito delle truppe alleate). Quando i frati si accorgono che solo il cappellano cattolico si fa il segno della croce durante una preghiera rivolta a Maria, chiedono spiegazioni e il cappellano cattolico rivela loro l’identità religiosa dei suoi due colleghi, con cui peraltro è in ottimi rapporti di amicizia per il comune destino durante i lunghi mesi della campagna militare in Italia. La reazione dei frati è di sconcerto, in particolare a causa della presenza dell’ebreo. Uno dei frati inizia a correre per le scale comunicando a ogni confratello che incontra: “Uno dei cappellani è ebreo”. Di frate in frate, la notizia si diffonde in tutto il convento. Il padre superiore chiede al cappellano militare cattolico se ha mai provato a condurre i suoi due colleghi sulla “via della vera religione”. Il cappellano risponde: “Ma il protestante e l’ebreo sono altrettanto convinti di essere sulla strada della verità; non ho mai discusso con loro perché non ho mai pensato di poterli criticare”. Il padre superiore decide comunque di fare un tentativo per “salvare quelle due anime che potrebbero perdersi”. Quando all’ora di cena tutti si recano nel refettorio e si serve il cibo ai tre cappellani militari, nessuno dei frati mangia con loro. Il cappellano cattolico, stupito, chiede ragguagli al riguardo e la risposta del padre superiore è: “Noi digiuniamo perché la Divina Provvidenza ha inviato in questo nostro asilo due anime sulle quali dovrà discendere la luce evangelica. La nostra umana presunzione ci fa sperare che con questo umilissimo fioretto possiamo ottenere dal cielo un gran dono”.
É del tutto evidente che Amidei, Fellini e Rossellini abbiano voluto, nella loro finzione cinematografica, “esasperare” in qualche modo il comune pensiero dei “cattolici” vigente all’epoca dei fatti narrati, forse anche per rimarcarne la portata e metterla particolarmente in luce, rispetto al fatto che – al contrario e con buona pace di tutti – molti ebrei italiani furono invece salvati proprio nei conventi di tutta Italia durante gli anni dell’occupazione tedesca.
Verrebbe spontaneo immaginare che se nel caso di Paisà si tenta di convertire addirittura dei cappellani militari americani, tanto più si può immaginare che si cercò di farlo con uomini, donne e bambini italiani spesso indifesi psicologicamente e culturalmente. Tuttavia, non è dato sapere quanti di questi tentativi ebbero poi successo.
Sarebbe interessante sapere se un’indagine in tal senso sia mai stata effettuata e, in caso negativo, cercare di attingere maggiori informazioni in proposito. E, credo, che anche questa riflessione sia importante nell’ambito della ricostruzione storica di quegli anni e del dialogo interreligioso attuale.
E’ noto che i rapporti tra ebrei e la Chiesa cattolica sono sempre stati storicamente complessi ed attraversati da periodi di persecuzione e antisemitismo, ma anche da tentativi di dialogo e riconciliazione.
Il Concilio Vaticano II, con la dichiarazione “Nostra Aetate”, ha segnato un punto di svolta, riconoscendo il legame storico e teologico tra ebraismo e cristianesimo e condannando l’antisemitismo.
Oggi, la Chiesa cattolica si impegna nel dialogo con l’ebraismo, promuovendo la comprensione reciproca e la collaborazione per la pace e la giustizia.

Anche Papa Francesco ha incoraggiato chi, in questi tempi di grandi sofferenze e tensioni, è impegnato per il dialogo e la pace tra le religioni. Lo ha fatto, in particolare, pure ultimamente, in uno dei suoi interventi pubblici, prima della sua morte avvenuta il 21 del corrente mese di aprile 2025, ricordando due anniversari importanti nel cammino del dialogo tra le fedi:
“Il 22 ottobre ricorre il 50° anniversario della creazione, da parte di San Paolo VI, della Commissione per i rapporti religiosi con l’Ebraismo e il 28 ottobre si entra nel 60° anniversario della Dichiarazione Nostra Aetate del Concilio Ecumenico Vaticano II, promulgata, sempre da Papa Montini, il 28 ottobre 1965. Soprattutto in questi tempi di grandi sofferenze e tensioni, incoraggio quanti sono impegnati a livello locale per il dialogo e per la pace”.

Incontro dei tre cappellani militari americani
con i frati italiani
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