28
Nov

La crisi è seria!

La crisi che sta interessando la nostra bella Italia e tutta l’ Europa, a cominciare dalla Grecia, la Spagna, il Portogallo, l’Ungheria, senza escludere la Francia e anche la Germania, comincia a destare serie preoccupazioni.

Ma, a quanto pare, non é solo il Vecchio Continente a traballare, bensì il Mondo intero.

Manifesto della “Grande Crisi del ’29” negli USA

Anche grandi potenze come gli Stati Uniti d’America ed altre ancora, vivono la nostra stessa ansia.

In queste ore di affanno, ne vediamo e sentiamo di cotte e di crude.

  • I guru della finanza di tutto il mondo che glissano intorno ai problemi veri e ci nascondono meschinamente la verità sugli errori commessi negli anni di vacche grasse, quando hanno spregiudicatamente munto fino all’inverosimile.
  • I nostri politici di qualunque schieramento, e non solo loro, poiché anche all’estero non scherzano, che continuano con la solita tiritera sulle altrui responsabilità senza farsi l’esame di coscienza ed assumersi un briciolo di responsabilità riguardo allo sfacelo in cui ci hanno trascinati, con una politica fatta di lauti ed ingiustificati privilegi a discapito dei contribuenti sempre più vessati da inique imposizioni fiscali, di lavoratori che vedono svanire i posti di lavoro, di giovani senza futuro e senza speranza, di pensionati sempre più poveri, di tanta gente che fa fatica a sbarcare il lunario.
  • La pletora dei boiardi di Stato che dirigono comparti importanti dell’economia e della finanza, delle infrastrutture e delle industrie, delle comunicazioni e del manifatturiero, dell’informazione e molto ancora, che spendono e spandono soldi pubblici al di fuori delle regole che governano i mercati.

Tanti soloni che predicano bene ma razzolano male; che stentano a dare per primi il buon esempio rinunciando a rendite e privilegi.

Mancano idee e progetti coerenti e i rimedi frettolosamente posti in essere in qualunque campo non riescono a sortire gli effetti desiderati.

Le Borse sembrano impazzite e le economie di tutti i Paesi stanno vacillando.

Altro che la grande crisi del 1929.

Qui si rischia la completa bancarotta ed un impoverimento della gente senza precedenti.

In tutto il marasma di questi giorni, tra euro si ed euro no, banca centrale europea di ultima istanza, crollo dell’eurozona e tante altre colossali  panzane, ho trovato veramente interessante l’articolo di oggi di Francesco Alberoni su “Il Giornale”, che riporto qui di seguito.

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Ripartiamo da quando eravamo poveri

Siamo sicuri di capire l’attuale crisi, le sue cause e i rimedi da approntare?

La crisi finanziaria è la conseguenza del rallentamento dell’economia di tutti i Paesi occidentali, dall’Italia agli Usa fino al Giappone, davanti alla concorrenza della Cina, dell’India e delle altre economie in espansione. L’Occidente, nel corso degli ultimi secoli, ha inventato una tecnologia superiore, comprava le materie prime dal resto del mondo, le lavorava con un enorme valore aggiunto e si è arricchito. Ogni tanto qualche nazione, usando le nostre tecnologie, faceva un balzo in avanti. L’ha fatto per primo il Giappone, ma a un certo punto l’hanno fatto anche nazioni con miliardi di abitanti, con un costo della manodopera bassissimo e le industrie occidentali in poco tempo sono state messe in difficoltà. È solo a questo punto che è entrata in gioco la finanza. Le banche americane, che hanno concesso mutui a milioni di persone per comprarsi la casa, pensavano che sarebbe continuato lo sviluppo. Invece è rallentato, i loro clienti non hanno più potuto pagare e allora hanno escogitato ogni diavoleria finanziaria per sopravvivere. Ma non è detto che i clienti avranno più soldi nei prossimi anni perché le industrie chiudono e restano disoccupati. Lo Stato, per aiutare banche e lavoratori, si è indebitato a sua volta ed è iniziata anche la speculazione sulle stesse nazioni. Oggi, per ridurre i debiti, gli Stati riducono le spese, ma in questo modo la povertà aumenta. Non siamo in una bufera temporanea che passerà come sono passate le altre e non bastano misure finanziarie. Quello che incombe sull’Occidente è l’impoverimento, stiamo tornando poveri mentre ci consideravamo ricchi. Una povertà che in Italia si esprime nei disoccupati, nelle mense dei poveri, nei divorziati che tornano dai genitori, nella vendita della «nuda proprietà» per sopravvivere, nel progressivo scadimento della qualità di tutti i prodotti a parità di prezzo. Per riprenderci, dobbiamo partire dall’idea che possiamo tornare poveri come lo eravamo nel dopoguerra e che siamo in concorrenza con Paesi ad alta tecnologia e basso costo della manodopera. Per cui dobbiamo partire da capo, con tenacia, con perseveranza, ricostruire la capacità tecnologica ricercando e studiando, poi sfruttare le nicchie in cui abbiamo ancora un vantaggio, facendo qualsiasi lavoro e facendolo bene. Ma anche imparando a difenderci dal dumping dei loro prodotti e ad aver paura degli sprechi, di tutti gli sprechi.

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Come andrà a finire questa storia non è dato sapere; i segnali che recepiamo certamente non ci consentono al momento di ben sperare.

Ma la speranza è sempre l’ultima a morire!


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