28
Apr

Majcino selo (Villaggio della Madre) a Medjugorje in Bosnia – Erzegovina

Nei giorni scorsi, io e mia moglie abbiamo avuto l’opportunità di visitare, in occasione di un nostro viaggio in Bosnia- Erzegovina, anche il “Villaggio della Madre” (“Majcino selo” in lingua locale).

Giunti all’aeroporto di Mostar con una sola ora di volo da Bergamo-Orio al Serio, dopo aver sorvolato le bellissime coste della ex Jugoslavia, ci si immerge subito in quelli che furono gli scenari dell’ultima guerra fratricida del dopo Tito, che provocò distruzione e tanti morti.

E fu proprio al tempo della guerra civile in Bosnia-Erzegovina (1991-1995), che Padre Slavko Barbaric diede vita al progetto “Majcino selo – Villaggio della Madre”.

L’idea originaria di Padre Slavko era quella di costruire un villaggio per i bambini orfani di guerra, a pochi chilometri dalla cittadina di Medjugorje, la località famosa nel mondo per le apparizioni mariane di questi ultimi trent’anni.

(Medjugorje: la chiesa)

A quei tempi riuscì a destare l’entusiasmo di molti per questa idea e le prime case furono subito solennemente inaugurate e aperte, in una zona impervia, arida e rocciosa, in parte utilizzata come discarica, divenuta poi un’accogliente oasi di verde.

La lungimiranza di Padre Slavko prefigurò nel suo ambizioso progetto anche l’educazione e il futuro della vita di questi orfani, tanto che oggi essi sono pienamente integrati nella vita del villaggio.

Nella zona del villaggio furono aperti un asilo e un ambulatorio a cui hanno accesso tutte le persone della zona di Medjugorje. Capita così che, a volte, i bambini di Medjugorje frequentano l’asilo insieme ai bambini che sono accolti nel villaggio.

(Medjugorje: la collina delle apparizioni, il “Podbrdo”)

Con gli anni i problemi dei bisognosi sono un po’ cambiati. Nel Villaggio della Madre, come già il nome fa capire, si può avvertire la presenza della mamma, che in questo caso è riferita in primo luogo alla Madonna. Molte persone ricevono un rapido aiuto e il villaggio si è ulteriormente sviluppato, così che è divenuto un’istituzione ben funzionante, guidata dai Padri della Provincia Francescana dell’Erzegovina.

Attualmente incaricato della guida del Villaggio della Madre è Padre Svetozar Kraljevic, secondo il quale “Il Villaggio della Madre desidera dare agli eventi tristi della vita un lieto fine, e trasformare la sfortuna in opportunità”.

Il Villaggio della Madre è il frutto del grande lavoro tracciato e iniziato da Padre Slavko sulla cui scia e nella memoria del quale si va concretizzando e sviluppando. La finalità è quella di poter garantire aiuto alle persone che cercano rifugio, aiutandole a non sentirsi abbandonate e svantaggiate ed offrendo loro tutto quello di cui hanno bisogno per una vita normale, onde rendere possibile per queste persone una vita in cui si sentano bene e siano felici. E, coerentemente con quanto aveva prefigurato Padre Slavko per questo progetto, il Villaggio della Madre ha rappresentato un grande passo profetico; il primo e il più difficile, perché si sono dovute abbattere alcune barriere intellettuali, prima di poter prendere avvio nella sua dimensione.

(Ingresso “Majcino selo – Villaggio della Madre”)

La comunità si preoccupa in modo particolare di annunciare agli uomini il Vangelo, con l’aiuto dei messaggi dalla Madonna tramite i veggenti di Medjugorje.

Dal messaggio del 25.07.1996: “Nella semplicità, ognuno di voi diventerà simile ad un bambino, che è aperto all’amore del Padre” .

Padre Slavko ha affidato alla comunità qualcosa di più, e cioè la preoccupazione per i poveri, per gli abbandonati, per coloro che devono ancora nascere, per quelli che sono feriti dal peccato. E in questo modo ha abbracciato l’essere umano nella sua totalità, così come la Chiesa si è sempre preoccupata dell’uomo nella sua totalità. Questo significa dar da mangiare agli affamati, da bere agli assetati e annunciare il Vangelo ai poveri. Proprio quello che accade qui. Qui il Vangelo viene annunciato a tutto il mondo. Il figlio più gravemente ferito trova qui benedizione e protezione.

A proposito di questo progetto, Padre Slavko pensava che dovesse essere una famiglia in cui ci fossero bambini, anziani, padri e madri. La comunità stessa, in questo progetto, è rappresentata al meglio attraverso i bambini. Infatti sono 170 quelli che frequentano l’asilo e, fra di essi, ci sono anche bambini che per diverse circostanze hanno vissuto la disgregazione della loro famiglia. C’è una famiglia con otto figli e una madre. Questa donna ha avuto diverse gravidanze gemellari e il bambino più grande ha solo otto anni. Il padre si è gravemente ammalato ed erano senza casa. Un’altra famiglia era disperata ed è stato deciso di accoglierla nel Villaggio della Madre che ora si occupa di loro. Ancora, un’altra famiglia di cinque bambini senza padre e senza madre ed alcune ulteriori famiglie con due o tre figli. Inoltre, vengono accolte anche ragazze madri con bambini, e donne e ragazze che hanno problemi in famiglia.

Alloggiano infine 16 giovani che hanno avuto problemi con la droga e che hanno ricominciato a vivere una vita normale. In alcune persone, dopo la dipendenza dalla droga, rimane un grande vuoto. Questo vuoto è un momento critico e perciò viene consigliato loro di restare nel villaggio per almeno un anno nel corso del quale lavorano con entusiasmo e portano a termine tutto quello che viene loro assegnato. Riescono a colmare il vuoto lasciato dalla droga con lavori ricchi di significato. Oltre al lavoro, ogni giorno recitano tutti insieme il Rosario. Questa comunità nel Villaggio della Madre si chiama “Comunità del Padre misericordioso”.

Qui si verificano miracoli ogni giorno, nel senso che le persone diventano migliori; è ciò rappresenta un qualcosa che va al di là del pur prezioso intervento degli operatori, delle suore e dei frati. Davvero un’ istituzione di grande importanza, grazie a Dio e a Padre Slavko per averla concepita così.

(Interno del  “Majcino selo – Villaggio della Madre”; statua a memoria di Padre Slavko Barbaric)

In questo progetto, sono sicuramente coinvolti anche i pellegrini e tutti coloro che hanno a cuore iniziative meritorie come questa, i quali vi contribuiscono con il loro aiuto affinché sia possibile portare avanti un’opera buona di tale livello.

Qualche informazione su Mostar

Mostar trasmette i sapori e i profumi di una terra magica, che porta le cicatrici di un passato doloroso ma avanza a testa alta verso il futuro, fiera di raccontare le sue origini e le sue passioni. Situata lungo le rive del fiume Neretva (che a buona ragione può essere considerato il loro “Piave”), Mostar è la quarta città del paese; a fondarla furono i turchi ottomani nel XV secolo e, nel 1878, venne annessa all’impero austro-ungarico. Negli anni Novanta del secolo scorso la città visse un periodo di guerra particolarmente duro, ma a partire dal 1995 un’attenta opera di ricostruzione ha riportato il centro all’antico splendore, medicando le ferite lasciate dai bombardamenti.Dopo la rinascita, E’ stata dichiarata dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità, per l’intensità della sua storia e per il pregio delle sue architetture, che simboleggiano il dolore e la ritrovata pace. Il cuore antico della città è di per sé un capolavoro artistico, tutto raccolto sui due lati del celebre Stari Most, il Ponte Vecchio che connette una parte della città all’altra. Camminando sopra il corso della Neretva i visitatori possono abbracciare in un colpo d’occhio le architetture ottomane, le meravigliose moschee cinquecentesche, le torri e i bagni turchi, ma anche le semplici botteghe artigiane dei battitori di rame (kujunžije), che da mattina a sera animano le strade col loro chiasso allegro. Mostar è un mosaico di popoli e culture: vi convivono cattolici, ortodossi, islamici ed ebrei, e questo non fa che accrescerne il fascino e invogliare gli ospiti a passeggiare con occhi curiosi. Tra le attrazioni più famose c’è il già citato Ponte Vecchio realizzato nel 1566 e restaurato completamente nel 2004. Realizzato in età ottomana su progetto dell’architetto turco Hajrudin, il ponte di pietra era stato commissionato dal sultano Solimano il Magnifico e richiese ben nove anni di lavoro. Colpito dai bombardamenti del 1993 e felicemente ricostruito, il ponte è sempre stato il simbolo indiscusso della città e il protagonista di leggende misteriose. Costituito da un singolo arco di pietra che, in estate, si trova a 21 m d’altezza sull’acqua, il ponte viene utilizzato sin dal 1968 per delle bizzarre gare di tuffi che si svolgono nel mese di luglio e attirano giovani provenienti da tutto il mondo. L’evento si rifà a una tradizione locale secondo la quale i ragazzi del posto, per dimostrare la propria virilità, dovevano affrontare la prova delle gelide acque della Neretva. A vegliare sul ponte ci sono le torri Herceguša e Tara, sulla sponda sinistra del fiume, e la torre Halebija su quella destra: Tara, a pianta semicircolare, in epoca ottomana fungeva da deposito di munizioni e oggi è sede del Museo del Ponte Vecchio, mentre l’Halebija conteneva le carceri e un corpo di guardia, che serviva anche come punto di osservazione. Il Ponte Storto (Kriva Æuprija) del 1558 è meno famoso ma comunque interessante, molto simile allo Stari Most se non per le dimensioni, decisamente più modeste. Anch’esso risalente all’età ottomana, si dice sia stato realizzato come prova per l’imminente costruzione del fratello maggiore. Trascinato via dal fiume nel 2001, a causa di una piena, anche questo ponte è stato recentemente rimesso a nuovo. Nella stessa epoca venne eretta la Torre dell’Orologio, precisamente fondata nel 1630 proprio a fianco del Museo dell’Erzegovina. A base quadrata, alta 15 metri, secondo la tradizione sarebbe stata realizzata per volere di una potente signora di nome Fatima-Kaduna Saric. Danneggiata, come tanti altri monumenti, nel corso degli ultimi conflitti, la torre è stata fortunatamente ristrutturata nel 1999. Da vedere anche il Cimitero Monumentale Partigiano del 1965 (il Partizansko Groblje), situato nella parte ovest della città, immerso tra ampi spazi verdi. Creato dall’architetto Bogdan Bogdanoviæ, il cimitero è dedicato ai partigiani della città caduti in guerra e ospita 661 lapidi. Mostar ospita inoltre meravigliose moschee come quella di Karaðozbeg, o bellissime chiese tra cui quella di Franjevaèka, col campanile più alto della Bosnia-Erzegovina. Da vedere il quartiere Brankovac in stile ottomano, con le case e gli eleganti cortili delle famiglie storiche della città, e la strada Bišæeviæa sokak con la sua famosa casa turca. Per gli amanti della natura ci sono spazi selvaggi in cui dedicarsi alle escursioni, al relax e a tantissime attività sportive, come il Parco Naturale Ruište sulla montagna Prenj e la riserva naturale Diva Grabovica, e chi non si accontentasse della cittadina potrà spingersi nei dintorni alla ricerca di altri luoghi interessanti, come l’antica Blagaj e le sue fortificazioni, la medievale Poèitelj, la villa romana di Mogorjelo, i reperti archeologici di Stolac e la amata Meðugorje, meta di pellegrinaggi da ogni angolo del mondo. Il dolce clima mediterraneo dà un tocco in più al paesaggio già splendido, con le sue estati calde e gli inverni miti, mai particolarmente freddi. Infatti le temperature medie di gennaio, il mese più freddo, vanno da una minima di 2°C a una massima di 8°C, e in luglio e agosto si passa dai 18°C ai 31°C. Con delle condizioni climatiche così favorevoli il territorio intorno a Mostar è un tripudio di fiori e coltivazioni: il verde nei dintorni è costellato di agrumi, kiwi, fichi, meloni, ciliegie, albicocche, melograni e freschissime pesche. Ovviamente tanta ricchezza si riflette sulla cucina, che è dominata dai sapori naturali e fa largo uso di frutta e verdura, ma anche di miele prelibato e prodotti caseari. Tra i formaggi tipici della zona ci sono il formaggio di Livino e il “formaggio nel sacco”, da gustare con un buon vino del territorio.


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