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Mag

Europee 2014, l’Italia conta un po’ di più!

Rinasce la vecchia “Balena Bianca” o si compie finalmente anche in Italia il miracolo di una socialdemocrazia compiuta, come negli stati occidentali più avanzati del mondo?

Proviamo a fare l’analisi del voto italiano alle elezioni europee del 25 maggio scorso.

A bocce ferme, con serenità e senza infingimenti, bisogna riconoscere ed ammettere  – con tutta l’obiettività possibile – che la giornata di domenica scorsa, 26 maggio 2014, ha prodotto nello scenario politico italiano un vero terremoto.

Un sisma di dimensioni memorabili che ha, di fatto, modificato l’assetto  delle rappresentanze  dei cittadini italiani, oltre ogni previsione. Si tratta, è  pur vero, di elezioni europee che non influenzano, in nessun modo, l’attuale compagine parlamentare; tuttavia, data la dimensione del fenomeno, non è possibile far finta di niente, soprattutto se si ritorna per un attimo alle settimane che hanno preceduto il voto, e ai toni molto accesi che hanno caratterizzato l’intera campagna elettorale.

In primis, la recente tornata elettorale europea è stata trasformata in un vero e proprio referendum sulla tenuta o meno del Governo attualmente in carica, presieduto da Matteo Renzi. E ciò, in relazione al fatto lo stesso Renzi non risulta rappresentativo della scelta popolare, in quanto nominato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, alla stregua dei Presidenti del Consiglio (Letta e Monti) che lo hanno preceduto, nonostante le elezioni parlamentari tenutesi il 24 e 25 febbraio 2013.

In secondo luogo, molto alto si è rivelato il livello di antieuropeismo, presente in diversi partiti che hanno partecipato alla competizione elettorale, con slogan del tipo “Italia fuori dall’Europa” e “Torniamo alla nostra cara e vecchia Lira”. In verità questa ondata non si è avvertita solo in Italia, ma anche in altri Stati dell’Unione Europea.

Infine, il fenomeno populista portato avanti in Italia dal M5S, i c.d “grillini”, e, non di meno, in Francia dal F.N. di Marine Le Pen, sebbene su piani, presupposti e finalità non proprio assimilabili tra loro.

In Italia, le previsioni apparivano quindi catastrofiche (ma forse è più esatto dire “ tragicomiche”, visto che il leader del movimento è un ex “comico”),  soprattutto nella prefigurazione di una vittoria del M5S “grillini”, che aveva annunciato la “cacciata” del Presidente della Repubblica , la crisi del Governo con l’indizione di elezioni anticipate e l’apertura di processi on line da intentare a carico di tutta l’attuale classe politica e dirigente (in verità, pare che manchi qualcosa: la ghigliottina, ad esempio!).

In Italia, però, i risultati elettorali hanno dimostrato che i cittadini italiani hanno il sale in zucca e non si lasciano prendere in giro, né tanto meno intimidire da ciarlatani di qualunque specie.

Ha vinto dunque, oltre ogni ragionevole dubbio,  il buon senso, con un travaso di voti che si sono spostati, con estrema naturalezza, da un partito all’altro in barba agli antichi ideologismi e legami storici – un po’ come succede negli Stati Uniti d’America – plasmando  così, a guisa di un gigantesco puzzle, il nuovo scenario di rappresentanza politica italiana.

Sono stati sconfitti invece il populismo e l’antieuropeismo, che in altri paesi europei, al contrario, si sono affermati. In Francia, ad esempio, il F.P. di Marine Le Pen è risultato il primo partito nazionale, mettendo in serie difficoltà il Presidente della Repubblica François Hollande. In Italia, solo la Lega Nord di Matteo Salvini si è affermata con il 6% ed ora sta facendo l’occhiolino a Forza Italia, il partito di Silvio Berlusconi, che ha portato a casa il risultato più deludente della sua storia.

Ma il dato positivo da rilevare è che il successo personale di Matteo Renzi, in veste di Presidente del Consiglio dei Ministri e Segretario del P.D., con un quorum del 40,81%, legittima il suo Governo ad andare avanti nel cammino delle riforme avviato, fino alla fine dell’attuale  legislatura.

E non solo questo, poiché l’onda lunga del successo elettorale europeo conseguito, consentirà a Renzi di presiedere il semestre di presidenza italiana dell’U.E., a partire dal 1° luglio prossimo, con un elevato grado di consenso generale da parte dei partner  europei.

Ma vi è di più. Una presenza così massiccia di rappresentanti italiani (quello del P.D. rappresenta in Europa il gruppo più consistente) avrà l’effetto di condizionare la politica europea, facendo maggiormente sentire il peso delle scelte e degli orientamenti italiani, soprattutto in questo momento di fermento antieuropeista risultato dalle ultime elezioni, e contribuendo altresì ad apportare le necessarie  modifiche ai trattati, verso la fondazione degli Stati Uniti d’Europa, con una sua Costituzione ed una sua Banca centrale.

L’italietta, spesso ridicolizzata e presa in giro, potrà finalmente contare in Europa e far sentire effettivamente il suo peso.

Questo, come già detto, è stato possibile anche per effetto della mobilità dell’elettorato, che si è spostato dal centro destra (peraltro smembrato in diversi partiti e partitini) al centro sinistra, per motivi di varia natura, senza escludere il timore di una vittoria schiacciante del M5S “grillini” (come una volta, quando gli italiani votavano D.C. per paura dei comunisti).

Secondo alcuni osservatori la percentuale del 40,81% conseguita dal P.D. non ha precedenti nella storia della nostra vita repubblicana, se non con riferimento alla D.C. nel 1958.

Che Renzi, dopo la rottamazione,  sia riuscito a ricostituire … magari incosciamente … la Balena Bianca?

Oppure Renzi è da considerare la reincarnazione di Alcide De Gasperi, quell’italiano che ha gettato le basi della Repubblica Italiana e dell’Unione Europea (entrambe ancora incompiute)?

Chissà!           

Ma forse, piuttosto, anche in Italia,  sta avvenendo finalmente il miracolo di una socialdemocrazia compiuta, come negli stati occidentali più avanzati del mondo, con uno sguardo ai modelli già sperimentati da  Tony Blair, in Gran Bretagna, e in via di consolidamento negli Stati Uniti d’America, da Barack Obama ?

E se il prodigio avviene (o è avvenuto), con Matteo Renzi, sotto il simbolo del P.D. – non per imposizione da parte di leader politici, ma a quanto pare per naturale scelta popolare, nelle cabine elettorali – riuscirà esso a prendere forma e consistenza, oppure gli ideologismi del passato e i pregiudizi di sempre impediranno tutto questo, mantenendo l’Italia in una condizione di stagnazione e di subalternità in Europa e nel mondo?

Ai posteri l’ardua sentenza!

Ma, in Italia, per completare l’opera di rinnovamento, occorre che anche nel centrodestra qualcosa di nuovo accada, al di là della necessaria ricucitura delle diverse fazioni ormai ridotte a brandelli. Bisogna che, anche da quelle parti, spunti una luce nuova; un nuovo  (e magari anche giovane) leader che sappia accendere i cuori e infondere ottimismo e speranza per il futuro del nostro Paese.

Due grossi blocchi,  dunque, uno più o meno progressista e l’altro più o meno conservatore, ma entrambi votati al bene comune nell’interesse generale dei cittadini italiani.

I populismi e le sceneggiate  dei soliti fanfaroni, molto probabilmente, non cesseranno del tutto, ma sicuramente verranno relegati ad episodi di poco conto e quindi considerati inconsistenti.

Il popolo (sovrano) italiano avrà così la possibilità di verificare per l’intera legislatura la realizzazione del programma da parte della maggioranza parlamentare pro tempore e si regolerà, alle successive elezioni parlamentari, per confermarle la propria fiducia ovvero passare la mano all’altra compagine. Un’alternanza certamente salutare.

Troppo facile a dirsi, ma non impossibile da realizzare.

 

 

 

 


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