11
Gen

HEREAFTER di Clint Eastwood

E’ presente in questi giorni, anche nelle più importanti sale cinematografiche italiane, l’ultima opera di Clint Eastwood: “Hereafter”.

Il regista californiano colpisce ancora una volta nel segno con un film che spiazza letteralmente lo spettatore, ma ancor di più la critica cinematografica internazionale, cimentandosi a trattare e mettere in scena un argomento scabroso sia per i credenti, sia per quelli che credenti non sono.

Cosa c’è dopo la morte?

“Hereafter”… l’Aldilà.

«“Hereafter” prende atto che la vita è un esperimento con un termine e si articola per questo attraverso prospettive frontali: al di qua e al di là del confine che separa la presenza dall’assenza. E’ questa linea di demarcazione a fare da perno al montaggio alternato delle vite di una donna, di un uomo e di un bambino dentro una geometria di abbagliante chiarezza e spazi urbani pensati per gravare sui loro destini come in un romanzo sociale di Dickens. Destini colpiti duramente e deragliati ineluttabilmente dalla natura (lo tsunami in Indonesia), dalle tensioni sociali (gli attacchi terroristici alle metropolitane londinesi), dalla fatalità (l’incidente stradale), destini che si incontrano per un attimo (o per la vita) in un mutuo scambio di salvezza».(1)

Attraverso tre storie e tre personaggi, il regista parla a suo modo della vita oltre la morte.

Un racconto avvincente, con un inizio terrorizzante, che insinua il dubbio anche nei più scettici.

Negli Stati Uniti d’America, a San Francisco, l’ operaio americano George (Matt Damon, di nuovo con Eastwood dopo «Invictus»), sensitivo (che considera tuttavia la cosa non come un “dono” ricevuto, ma come la disgrazia più atroce che gli potesse essere mai capitata) – è stanco di ascoltare la voce dei morti; in Europa, a Parigi, in Francia, la bella e famosa giornalista televisiva di “France 2”, Marie, fatica a riprendere una vita normale dopo essere miracolosamente scampata allo tsunami indonesiano, in Asia; e a Londra, il piccolo Marcus ha perso per sempre l’altra metà di sé, il fratello gemello Jason, morto in un banale quanto tragico incidente stradale causato da una banda di giovali balordi.

Sopravvissuti, ognuno a suo modo, scherniti, smarriti; fantasmi nel mondo, senza ragioni e, soprattutto, senza risposte.

Tre pezzi mancanti di uno stesso puzzle, tre anime salve sul filo teso del dilemma.

Clint Eastwood lancia la sfida all’irrazionale: guarda alla morte per parlare della vita, tra il dolore della perdita e il bisogno di credere a un «dopo», trovando, infine, socchiusa la porta dell’aldilà; quanto basta per accorgersi che qui siamo solo di passaggio, nella convinzione pacificatrice che un giorno riabbracceremo anche chi ci ha preceduto.

È la storia di tre persone toccate in maniera differente dalla morte, che convergono soltanto nel finale (per opera … del destino ? … o di un grande disegno ?).

Il film comincia con la scena dello tsunami asiatico del 2004; una delle più terrorizzanti con cui si sia mai aperto un film. La morte arriva come un’onda anomala e travolge ogni cosa, valore, esistenza. Trascina anche lo spettatore, dai primi minuti, in una dimensione diversa, rovesciata. È lo stesso rovesciamento che subiscono i tre protagonisti dai destini spezzati. George è un fenomeno paranormale, ricco e famoso, ma la compagnia della morte lo spinge alla disperazione e alla fine preferisce il ritorno a una vita normale, facendo l’ operaio in fabbrica, piuttosto che la penosa fama, nonostante le pressioni di un fratello manager. Marie è una star immersa in una scalata al successo, in procinto di dare alle stampe una scandalosa biografia del presidente Mitterrand, ma dopo la tragedia dello tsunami – che farà vivere a Marie, o quantomeno le farà credere di averla vissuta, una breve esperienza nell’aldilà – la cronaca, la politica, la storia perdono ai suoi occhi ogni interesse. Marcus è un bambino timido e taciturno che volta le spalle a una vita difficile (una madre tossicodipendente). L’unica sua relazione col mondo, il gemello Jason, è persa per sempre e lui la insegue nell’aldilà, anche attraverso un umiliante e grottesco pellegrinaggio fra ciarlatani e sedicenti medium.

Tre continenti diversi (Europa, Asia e America); tre circostanze diverse (natura, tensioni sociali e fatalità); tre personaggi differenti (un uomo, una donna e un bambino); tre storie differenti, con i protagonisti che hanno in comune un’esperienza ravvicinata con la morte.

Lo spettatore deve superare la prima terrificante mezz’ora, una sequela di situazioni molto intense, e abbandonarsi al più felice racconto sulla morte mai concepito sullo schermo.

A ottant’anni, ma ancora nel pieno della giovinezza artistica, Clint Eastwood ha deciso di affrontare la domanda delle domande in maniera diretta e sconvolgente: “Esiste qualcosa oltre la morte?”

“Hereafter” è un film molto intenso che affronta con delicatezza un tema molto difficile. È un racconto sulla morte dal quale si esce paradossalmente allegri, pieni di vita. Del resto, che cosa c’è di più bello di provare a credere per una volta all’ipotesi di una vita oltre la vita? Per giunta, lasciarsi tentare dal soprannaturale grazie a un grande film e non in virtù di una predica. Convertire gli scettici non è naturalmente lo scopo del regista. La missione qui, per così dire, è una missione tipica del laico: far venire dubbi.

In questo caso perfettamente riuscita.

 

 

Note (1) Marzia Gandolfi – MyMovies.it

Alcuni spunti sono tratti da recensioni pubblicate su vari siti internet

La foto pubblicata riporta la locandina del film “Hereafter” di Clint  Eastwood


Ricerca:
Archivio
© Copyright 2010-2024 PagineDiPoggio.com. All rights reserved. Created by Dream-Theme — premium wordpress themes. Proudly powered by WordPress.